Gli Stati devono fare di più per assicurare il corretto recepimento della direttiva 2012/29/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato e che sostituisce la decisione quadro 2001/220/GAI. Lo scrive la Commissione europea nella Comunicazione presentata l’11 maggio (COM(2020)188 (2012:29). L’Italia ha recepito la direttiva con il Decreto legislativo 15 dicembre 2015 n. 212.
Nella Comunicazione, Bruxelles, in particolare, sottolinea che alcuni Stati non hanno recepito correttamente la nozione di vittima perché non hanno incluso i familiari di vittime decedute, limitandone quindi i diritti. Inoltre, pochi Paesi hanno dato attuazione completa all’articolo 11 che definisce i diritti delle vittime che decidono di non esercitare l’azione penale con la conseguenza che non sempre sono fornite informazioni sufficienti, idonee a consentire alla vittima di chiedere il riesame di una decisione di non esercitare l’azione penale. Risulta trasposto, invece, l’articolo 13 sull’accesso al patrocinio a spese dello Stato che rimanda al diritto nazionale per stabilire le condizioni o la procedura per accedere al patrocinio. Malgrado alcune zone d’ombra, il nucleo del provvedimento è comunque recepito tenendo conto che tutti gli Stati (salvo uno) hanno attuato l’articolo 16 in base al quale la vittima ha il diritto di ottenere una decisione in merito al risarcimento da parte dell’autore del reato nell’ambito del procedimento penale. Non così, però, per la norma che impone agli Stati di ridurre al minimo gli ostacoli alle richieste di risarcimento della vittima residente in uno Stato membro diverso da quello in cui è stato commesso il reato. La Comunicazione prende in esame anche i servizi di assistenza sia a tutela della vittima che dei familiari e, sul punto, la Commissione ritiene che “diversi Stati membri non hanno provveduto in maniera completa [in quanto hanno limitato]… l’accesso a tali servizi alle vittime di violenza domestica o della tratta di esseri umani” e che ci siano ostacoli sotto il profilo dell’attuazione effettiva. Inoltre, la direttiva, per evitare forme di vittimizzazione secondaria, intimidazioni e ritorsioni, stabilisce “il diritto per ogni vittima alla valutazione individuale delle proprie esigenze di protezione”, ma in molti Stati membri questa previsione non è stata attuata.
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