La violenza sessuale e legata al genere è sempre più di frequente usata come tattica per compiere atti terroristici e strumento per seminare il terrore nella popolazione, come sottolineato dal Consiglio di sicurezza a partire dalla risoluzione 2467 del 2019. Per analizzare i contorni di questi crimini, la Direzione Esecutiva del Comitato Antiterrorismo (CTDE – Counter-terrorism Committee Executive Directorate) del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha pubblicato un rapporto intitolato “Towards Meaningful Accountability for Sexual and Gender-Based Violence Linked to Terrorism” (novembre 2023, rapporto terrorismo). Lo studio è articolato in quattro sezioni: la prima ha una funzione introduttiva e si propone di chiarire la nozione di terrorismo e dei reati legati al genere; la seconda parte traccia il quadro normativo esistente con un’analisi delle diverse convenzioni internazionali, incluse quelle relative alla lotta al traffico degli esseri umani e al diritto internazionale penale. In questa sezione, il CTDE ha analizzato le regole adottate dagli Stati con particolare attenzione alle norme interne che permettono di attivare azioni penali per accertare la responsabilità degli autori di atti di violenza sessuale in relazioni ad attentati terroristici. La terza sezione è rivolta a individuare le sfide da affrontare e le possibili risposte della giustizia penale, tenendo conto degli ostacoli, anche di natura giuridica, esistenti. La quarta parte esamina le buone pratiche emergenti tra gli Stati e il rafforzamento della cooperazione internazionale per indagare e punire gli autori di atti di violenza sessuale collegati al terrorismo, tenendo conto del ruolo di Eurojust e delle squadre investigative comuni che hanno contribuito a supportare le autorità giudiziarie svedesi e francesi nello svolgimento di procedimenti commessi da foreign fighters contro la comunità degli Yazidi in Siria e in Iraq. Il CTDE sottolinea l’importanza, per assicurare giustizia alle vittime, che si proceda a una corretta qualificazione dei reati commessi come precisato dalla Corte penale internazionale nel caso Ongwen in cui è stato chiarito che “It is not enough to punish it merely as a combination of other crimes (e.g., rape and unlawful detention), or subsumed under the generic ‘any other form of sexual violence” perché, a tutela delle vittime e della necessità di assicurare loro giustizia, non basta condannare gli autori ma è necessario che siano evidenziati non solo i crimini sessuali, ma anche gli atti di terrorismo legati alle violenze di genere. Gli Stati – scrive il Comitato – hanno attuato in modo diverso la risoluzione 1373 del 2001 con la quale il Consiglio ha chiesto ai Governi di assicurare che sia accertata la colpevolezza di coloro che commettono atti di terrorismo, con approcci diversi per la criminalizzazione degli atti terroristici e degli atti collegati e molte legislazioni nazionali non includono un riferimento esplicito alla violenza sessuale e alla violenza di genere legata al terrorismo. Solo alcuni Paesi, come Tunisia, Gambia e Spagna definiscono il terrorismo includendo anche reati contro la libertà sessuale quando commessi con finalità terroristiche. Il documento si conclude con alcune raccomandazioni e con l’indicazione dei possibili interventi futuri per migliorare il quadro normativo e l’effettiva realizzazione della giustizia.
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