Via libera al mandato di arresto europeo anche se la persona ricercata non è stata sentita prima dell’adozione del provvedimento

Lo Stato richiesto è tenuto ad eseguire il mandato di arresto anche se il destinatario del provvedimento non è stato sentito prima dell’emissione del mandato da parte del Paese richiedente. Lo ha deciso la Corte di giustizia dell’Unione europea con una sentenza depositata oggi (causa C-396/11, MAE) con la quale Lussemburgo ha precisato i casi di rifiuto dell’esecuzione del mandato di arresto ai fini dell’esercizio dell’azione penale. Alla Corte Ue si era rivolta la Corte di appello rumena alle prese con un cittadino rumeno indagato per rapina in Germania il quale si opponeva alla consegna sostenendo che era stata violata la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea perché non era stato sentito prima del mandato di arresto dalle autorità tedesche. Un rifiuto non giustificato in base alla decisione quadro 2002/584, recepita in Italia con legge 22 aprile 2005, n. 69,  proprio perché l’atto Ue non prevede tra i motivi di non esecuzione il fatto che il destinatario del provvedimento non sia stato sentito. Gli articoli 47 e 48 della Carta dei diritti fondamentali non esigono che “un’autorità giudiziaria di uno Stato membro possa rifiutare l’esecuzione di un mandato di arresto europeo emesso ai fini dell’esercizio di un’azione penale a motivo del fatto che la persona ricercata non è stata sentita dalle autorità giudiziarie emittenti prima dell’emissione di tale mandato d’arresto”. D’altra parte, osserva Lussemburgo, se fosse previsto un simile obbligo si vanificherebbe l’efficacia del mandato di arresto che, anche per evitare la fuga dell’interessato, “deve potersi giovare di un certo effetto sorpresa”.

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