La tutela del diritto d’autore copre anche i ritratti fotografici, ma i mass media possono pubblicare alcune fotografie se questo serve alle autorità inquirenti per ritrovare una persona scomparsa. Lo ha stabilito la Corte di giustizia Ue, nella sentenza del 1° dicembre 2011 (causa C-145/10, http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=&docid=115785&pageIndex=0&doclang=IT&mode=lst&dir=&occ=first&part=1&cid=1846349), chiamata a sciogliere alcuni quesiti interpretativi dal Tribunale commerciale di Vienna, alle prese con una controversia tra una fotografa che aveva realizzato diverse istantanee di Natascha K. sequestrata all’età di 10 anni a Vienna e alcuni giornali tedeschi e austriaci che avevano pubblicato un identikit rielaborando, con un programma informatico, la fotografia. Che – ha precisato la Corte Ue – è protetta, in via generale, dal diritto d’autore. Il fotografo, infatti, non si limita a riprodurre un soggetto, ma interviene con scelte proprie, preferendo un’inquadratura, uno sfondo, etc. Di conseguenza, in un ritratto c’è un “tocco personale” dell’autore che consente di attribuire una protezione identica ad altre opere. Detto questo, però, i giudici Ue riconoscono che la direttiva 2001/29 sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione ammette un’attenuazione del diritto d’autore per motivi di pubblica sicurezza, che rientra nella responsabilità dello Stato. Se, però, le autorità nazionali richiedono un supporto dei mass media per diffondere un ritratto fotografico di una persona scomparsa è possibile ammettere un deroga al diritto d’autore.
La Corte Ue si è poi pronunciata anche sull’operatività dell’articolo 6 del regolamento n. 44/2001 sulla competenza giurisdizionale e il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale in base al quale, nei casi di una pluralità di convenuti, per evitare decisioni incompatibili, l’attore può rivolgersi al giudice del luogo in cui uno qualsiasi dei convenuti è domiciliato, in presenza, però, di un nesso stretto tra i procedimenti. Proprio per evitare decisioni incompatibili, la Corte ha chiarito che è legittimo adire un unico giudice di uno Stato membro nei casi di pluralità di convenuti se la diversità di fori comporta un rischio di soluzioni incompatibili, precisando, altresì, che non costituisce un ostacolo alla connessione di cause la circostanza che le domande proposte nei confronti dei convenuti siano basate su fondamenti giuridici nazionali differenti.
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