Le regole Ue sulle clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori si applicano agli accordi conclusi tra un avvocato e il proprio cliente. Nel segno della tutela della parte debole del contratto e in ragione dell’asimmetria informativa tra le parti, la Corte di giustizia Ue, nella sentenza depositata il 15 gennaio (C-537/13, avvocati), apre la strada all’applicazione della direttiva 93/13 sulle clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori anche ai rapporti contrattuali tra cliente/consumatore e avvocato. La vicenda al centro della pronuncia di Lussemburgo riguardava una controversia tra una donna e il suo avvocato con il quale la cliente aveva concluso tre contratti standard di assistenza legale, nei quali non erano indicati i termini e le modalità di pagamento. La donna non aveva rispettato la richiesta dell’avvocato di effettuare il pagamento e si era così trovata di fronte a un’ingiunzione. La Corte di Cassazione lituana, prima di decidere, ha chiamato in aiuto la Corte Ue. Nodo della questione, l’applicazione della direttiva ai contratti standard di servizi di assistenza legale. Una questione – osserva la Corte – che va risolta tenendo conto della qualità dei contraenti. Nel caso in esame, uno dei contraenti ossia il legale agiva nell’ambito della sua attività professionale con la conseguenza che l’atto Ue deve essere applicato. D’altra parte, è chiaro che nei contratti di assistenza legale è certa una disparità tra i clienti/consumatori da un lato e gli avvocati dall’altro, proprio a causa “dell’asimmetria informativa tra tali parti”. Le diverse competenze tecniche spingono così la Corte a sottolineare che i clienti hanno bisogno delle tutele assicurate dalla direttiva, proprio perché non sempre sono in grado di valutare la qualità dei servizi forniti. Poco importa – prosegue la Corte – la natura pubblica dell’attività degli avvocati: l’applicazione della direttiva non mina in alcun modo “la specificità dei rapporti tra un avvocato e il suo cliente e i principi sottesi all’esercizio della professione di avvocato”. Se i legali decidono di ricorrere, all’interno di un contratto, a clausole standardizzate da loro predisposte o dai propri ordini professionali, sono tenuti a rispettare la direttiva. Una conclusione che, secondo gli eurogiudici, non può essere minata dal fatto che i liberi professionisti sono tenuti al rispetto degli obblighi deontologici e alla riservatezza dei rapporti con i clienti. Per Lussemburgo, infatti, questo non è un ostacolo all’applicazione della direttiva alle clausole standardizzate dei contratti con i legali. Di conseguenza, il giudice nazionale, a cui spetta la soluzione del caso, sarà tenuto ad applicare la direttiva e procedere all’interpretazione più favorevole al cliente.
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