La Corte europea dei diritti dell’uomo condanna la Turchia per la custodia cautelare decisa a danno di due giornalisti. Con due sentenze depositate ieri, Strasburgo ha accertato la violazione dell’articolo 10 della Convenzione che assicura la libertà di espressione, nonché dell’articolo 5 sul diritto alla libertà personale. Nel caso Alpay (CASE OF SAHIN ALPAY v. TURKEY), un giornalista del quotidiano Zaman (ormai chiuso), considerato da Ankara la principale pubblicazione del network dei gulenisti, era stato arrestato in quanto accusato di essere un componente dell’organizzazione terroristica FETO/PDY che, secondo il Governo, supportava Fethullah Gülen e i gulenisti ritenuti da Ankara gli organizzatori del tentato colpo di Stato del 15 luglio 2016. La Corte costituzionale, con sentenza dell’11 gennaio 2018, aveva stabilito che era stato violato il diritto alla libertà di stampa del ricorrente nonché il suo diritto alla libertà e alla sicurezza (e questo malgrado la notifica della deroga all’applicazione della Convenzione europea), ma la Corte di appello aveva respinto la richiesta del giornalista di essere rilasciato (dopo un anno gli erano stati concessi gli arresti domiciliari). Di qui il ricorso a Strasburgo (analoga situazione, relativa a un giornalista televisivo, Altan, per di più condannato all’ergastolo, nella sentenza CASE OF MEHMET HASAN ALTAN v. TURKEY).
Prima di tutto, la Corte europea ha considerato che se è vero che la Turchia aveva notificato l’applicazione della deroga alla Convenzione secondo quanto previsto dall’articolo 15 dello stesso Trattato, è anche vero che nella deroga non erano stati indicati gli articoli la cui attuazione andava sospesa, anche se questo punto non era stato oggetto di disputa tra le parti. Così come non erano state notificate le misure prese a seguito della deroga. Detto questo, Strasburgo osserva che l’articolo 15 non attribuisce agli Stati un potere illimitato e del tutto discrezionale nell’applicazione della deroga alla Convenzione e, anzi, la norma è di stretta applicazione poiché devono emergere gravi pericoli all’ordine democratico costituzionale. Certo, un tentato colpo di Stato determina un’emergenza che minaccia la vita della Nazione, ma la Corte ritiene di potersi pronunciare nel merito. Considerato così il ricorso ammissibile nonostante l’indicata deroga, la Corte, accertata la violazione dell’articolo 5, si è soffermata sugli effetti sulla libertà di stampa dovuti alla custodia cautelare nei confronti dei giornalisti. Nessun dubbio – osserva Strasburgo – che detta misura ha un chilling effect sulla libertà di espressione dei giornalisti. A ciò si aggiunga che non vi era stato alcun incitamento alla violenza né alcuna giustificazione, da parte dei cronisti, circa la commissione di atti terroristici. Evidente, così, la violazione dell’articolo 10 della Convenzione tanto più che una democrazia – sottolinea la Corte – deve favorire e affrontare le diverse questioni attraverso il dibattito pubblico, mentre la detenzione di un giornalista ha il sicuro effetto di intimidire e “silenziare” le voci dissenzienti. Di qui la condanna alla Turchia anche per violazione dell’articolo 10, la richiesta allo Stato di procedere alla liberazione dei giornalisti e l’obbligo di versare 21.500 euro per i danni non patrimoniali subiti dai ricorrenti.
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