La Corte europea dei diritti dell’uomo non ci ripensa e con decisione depositata il 29 novembre e diffusa oggi blocca ancora l’accesso a Strasburgo di dipendenti pubblici turchi rimossi dal servizio e colpiti da provvedimenti restrittivi dopo il tentativo di colpo di Stato del 15 luglio 2016. Con la decisione Zihni contro Turchia (ricorso n 59061/16, zihni-c-turquie), infatti, la Corte europea ha dichiarato irricevibile il ricorso per il mancato previo esaurimento dei ricorsi interni. In questo caso a rivolgersi ai giudici internazionali è stato un insegnante, che rivestiva il ruolo di vicepreside, sospeso dalle funzioni e rimosso dal servizio a seguito dell’adozione di un decreto voluto da Erdogan all’indomani del tentato colpo di Stato. La Corte europea ha ritenuto che l’uomo dovesse impugnare in via amministrativa il provvedimento. Non solo. Per la Corte, il ricorrente aveva anche la possibilità di rivolgersi alla Corte costituzionale malgrado questa si fosse già pronunciata sulla costituzionalità del decreto legislativo e malgrado la situazione della Consulta turca, con la rimozione e l’arresto di due giudici. Lapidaria, ancora una volta la conclusione di Strasburgo nel ritenere che il ricorrente non ha dimostrato che l’accesso ai rimedi giurisdizionali interni non era effettivo e nel non vedere circostanze speciali idonee a esonerare gli individui colpiti dalle misure repressive volute da Erdogan dal previo esaurimento dei ricorsi interni. Con buona pace di tutti gli organismi internazionali e di ONG che quotidianamente evidenziano le gravi violazioni dei diritti umani in Turchia.
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gianfranco fiore
dicembre 10, 2016Semplicemente pazzesco,sembrano non rendersi conto della deriva autoritaria della Turchia.Bisognerebbe chiedere al Consiglio d’Europa di dare maggiori mezzi e persone per svecchiare il conformismo giuridico del CEDU.I ricorsi andrebbero trattati telematicamente per garantire velocità e pari dignità ai ricorsi.