Turchia: così Erdogan seppellisce i diritti umani. Unione europea inerte

Quello che non è riuscito ai militari che hanno organizzato il colpo di Stato del 15 luglio in Turchia sta riuscendo ad Erdogan. Il Presidente turco, infatti, all’indomani del fallito golpe dei militari ha iniziato un immediato abbattimento della democrazia in Turchia e avviato, di fatto, un contro golpe inteso come attacco ai valori democratici e alla libertà. Prima i giudici, poi gli avvocati, seguiti dai professori, oggi i giornalisti. Una repressione ad ampio raggio, con misure proprie di una dittatura militare. E se certo Erdogan sarà stato liberamente eletto, non c’è dubbio che questo non legittima ogni misura di un Paese che è fuori (in realtà da tempo) non solo dall’Europa ma da ogni consesso democratico, avvicinandosi sempre più rapidamente all’integralismo islamico e a regimi teocratici. Ultima misura la sospensione della Convenzione europea dei diritti dell’uomo di fatto già messa da parte da tempo. Da quando, il Presidente eletto nel 2014, dopo essere stato per 11 anni Primo ministro, ha iniziato una resa dei conti contro ogni forma di dissenso. Senza limiti. Con scene apparse sui network di tutto il mondo proprie di una discesa nel baratro delle violazioni dei diritti umani che hanno portato ad arresti di massa, inclusi quelli di giudici e giornalisti accompagnati dall’impossibilità di accedere a un legale. I numeri del decreto di Erdogan “Kanun Hükmünde Kararname”, KHK/667″, parlano chiaro: 1.125 associazioni, 104 fondazioni, 19 sindacati, 15 università, 934 scuole private e 35 strutture sanitarie private passano automaticamente sotto il controllo statale. Il decreto prevede poi il diritto delle autorità di Governo di licenziare dipendenti pubblici senza possibilità di ricorsi amministrativi e senza prove, il ritiro del passaporto per ogni persona sotto inchiesta, nessuna possibilità di impugnare il decreto. Come ha dichiarato il Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa Nils Muižnieks, in un duro documento del 26 luglio, misure contrarie alla Convenzione che, tra l’altro, può essere sospesa ma non senza limiti tanto più che la Corte europea mantiene il controllo per verificare se  le misure prese durante lo stato di emergenza sono conformi o meno alla Convenzione (Coe – Turchia). La dichiarazione di sospensione è stata notificata nei giorni scorsi al Segretario generale del Consiglio d’Europa Thorbjørn Jagland che ha ricordato l’impossibilità di derogare ad articoli quali il 2 (diritto alla vita), il 3 (divieto di tortura), il 4, comma 1 (divieto di schiavitù) e il 7 (nulla ponea sine lege).

L’Unione europea, intanto, svolge un ruolo fondamentale (si fa per dire, ovviamente), come sempre, e monitora la situazione (European Union – EEAS (European External Action Service) | HRVP Mogherini and Commissioner Hahn on the latest developments in Turkey). Proprio la reazione debole, fatta di parole di circostanza, è un segno dell’implosione dell’Unione. Dal canto loro i capi di Stato proseguono in comportamenti ipocriti, guardandosi bene dal presentare un ricorso contro la Turchia alla Corte europea dei diritti dell’uomo e contrabbandano come reazione effettiva un possibile blocco all’ingresso nell’Unione europea, ma lasciano in piedi accordi con chi sta violando i diritti umani, senza neanche ipotizzare la sospensione o il recesso dall’accordo di associazione del 1963 e dal Protocollo del 1973 e dall’ultima vergognosa intesa sui migranti che fa affluire soldi utilizzabili, in assenza di controlli esterni, anche per  fini diversi da quelli previsti (sull’accordo Ue Turchia si veda http://www.affarinternazionali.it/articolo.asp?ID=3409). Un trionfo di solidarietà di facciata e di parole senza fatti. Con buona pace dei cittadini turchi che subiscono una repressione senza fine.

Qui la presa di posizione dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani Zeid Ra’ad Al Hussein (Turkey).

 

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