La sentenza Cestaro contro Italia non è stata ancora eseguita e preoccupano ancora di più le iniziative volte ad abrogare o a modificare il reato di tortura in Italia. Lo scrive il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa che, nella riunione del 7 dicembre ha esaminato lo stato di esecuzione delle sentenze pronunciate dalla Corte europea dei diritti dell’uomo e ha adottato la decisione 1483/H46-18 (cestaro) con la quale ha verificato che l’Italia non ha ancora adempiuto a quanto richiesto nella sentenza del 7 aprile 2015 (che aveva al centro i fatti del G8 di Genova) di condanna per violazione dell’articolo 3 della Convenzione che vieta la tortura nonché i trattamenti inumani o degradanti. La Corte, accanto all’adozione di misure individuali, aveva imposto all’Italia l’adozione di una legge per l’inserimento del reato di tortura nella legislazione italiana in modo da assicurare una punizione effettiva delle forze dell’ordine o organi dello Stato, autori di atti di tortura. L’Italia ha adottato la legge n. 110/2017, con alcune anomalie rispetto al quadro internazionale (Convenzione europea e Convenzione Onu contro la tortura). Tuttavia, i recenti disegni di legge per eliminare il reato o modificarlo hanno fatto scattare l’allarme a Strasburgo. Il Comitato, quindi, “preso atto con preoccupazione delle iniziative legislative volte ad abrogare le disposizioni del codice penale sul reato di tortura introdotte nel 2017 in esecuzione della sentenza Cestaro”, ha ribadito l’obbligo degli Stati, in base all’articolo 46, di esecuzione delle sentenze della Corte. È vero – osserva il Comitato – che il Governo ha dichiarato di non voler abrogare il reato, ma le proposte sono ancora al centro di discussione.
In conclusione, quindi, il Comitato ha ritenuto che le informazioni fornite non permettano la chiusura del caso anche in ragione delle nuove norme sulla prescrizione adottate dopo l’ultimo esame sull’esecuzione della sentenza Cestaro che ha avuto luogo nel 2019 e della mancata attuazione della richiesta di svolgere nuove indagini in numerosi casi, mentre è stata apprezzata l’introduzione di codici alfanumerici per identificare gli agenti delle forze dell’ordine. Il Comitato, aggiornando la discussione alla seconda metà del 2024 e mantenendo così il caso nell’agenda dei lavori, ha chiesto alle autorità italiane “un chiaro messaggio, di alto livello politico, alle forze dell’ordine sulla politica di tolleranza zero” nei casi di tortura e maltrattamenti in strutture di detenzione. In particolare, il Comitato ha indicato talune misure quali la sospensione dal servizio durante lo svolgimento delle indagini e il licenziamento in caso di condanna per gli autori di questi reati.
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