Sì alle misure di austerity anche se portano a una riduzione dei salari dei magistrati. Nessuna violazione del principio dell’indipendenza dei giudici se gli Stati decidono una riduzione temporanea della retribuzione in modo non discriminatorio, di fatto colpendo tutte le categorie del settore pubblico. Lo scrive la Corte di giustizia dell’Unione europea con la sentenza depositata il 27 febbraio nella causa C-64/16 (C-64:16). Il rinvio pregiudiziale a Lussemburgo è stato sollevato dalla Corte amministrativa suprema del Portogallo alla quale si era rivolta l’Associazione sindacale dei giudici portoghesi che considerava illegittimo un provvedimento con il quale era stata disposta la riduzione temporanea delle retribuzioni dei componenti della Corte dei Conti. Secondo l’Associazione sindacale, la riduzione salariale minava il principio dell’indipendenza dei giudici, garantito dall’articolo 19, paragrafo 1 del Trattato UE, nonché dall’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. La Corte di giustizia, chiarito che la nozione di indipendenza di un organo giurisdizionale richiede che i magistrati esercitino la propria attività “in piena autonomia, senza vincoli gerarchici o di subordinazione nei confronti di alcuno e senza ricevere ordini o istruzioni da alcuna fonte”, ha stabilito che i membri degli organi giurisdizionali devono ricevere una “retribuzione di livello adeguato all’importanza delle funzioni che esercitano” perché ciò “costituisce una garanzia inerente all’indipendenza dei giudici”. Detto questo, però, la Corte qualifica le misure di riduzione salariale dovute all’attuazione del programma di assistenza finanziaria dell’Unione al Portogallo come esigenze imperative connesse all’eliminazione del disavanzo eccessivo di bilancio dello Stato portoghese. Queste misure – precisa Lussemburgo – non sono state attuate solo verso i magistrati della Corte dei Conti, ma nei confronti di dipendenti con diverse funzioni nel settore pubblico, “tra cui i rappresentanti del potere legislativo, esecutivo e giudiziario”. Così, considerato che le misure hanno carattere generale “dirette a far sì che un insieme di membri del pubblico impiego nazionale contribuisca allo sforzo di austerità dettato dalle esigenze imperative di riduzione del disavanzo di bilancio eccessivo dello Stato portoghese”, l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE deve essere interpretato nel senso che il principio dell’indipendenza dei giudici non osta all’applicazione ai membri della Corte dei conti di misure generali di riduzione salariale “connesse ad esigenze di eliminazione di un disavanzo eccessivo di bilancio nonché ad un programma di assistenza finanziaria dell’Unione”. Dal ragionamento della Corte sembra che gli eurogiudici escludano la possibilità di ammettere che alcune categorie di dipendenti pubblici, che pure svolgono funzioni centrali nel settore della giustizia, siano – come affermato dall’avvocato generale Saugmandsgaard Øe nelle conclusioni depositate il 18 maggio 2017 – avulse “dalle realtà economiche e sociali, e segnatamente dal livello di vita media, esistenti nello Stato in cui gli interessati esercitano la loro attività professionale” tanto più che “una stabilità ragionevole del loro reddito presuppone…che esso non vari nel tempo in modo da mettere in pericolo la loro indipendenza di giudizio, ma non che esso resti immutabile”.
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