Sui rapporti tra sentenze CEDU e giudicato interno la parola alla Consulta

La Corte di cassazione, sezione unite penali,  ha rimesso alla Consulta, con ordinanza n. 34472 del 10 settembre 2012 (34472_09_12), una questione di costituzionalità incentrata sull’incidenza delle sentenze di Strasburgo sulle pronunce interne passate in giudicato. Nel caso di specie, un condannato all’ergastolo con isolamento diurno aveva chiesto la conversione della pena del carcere a vita in 30 anni di reclusione in applicazione della sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo nel caso Scoppola, ma la sua istanza era stata respinta. In base al decreto legge n. 341/2000 convertito con legge n. 4/2001 l’ergastolo può essere convertito nella reclusione a 30 anni per coloro che non potevano avvalersi del giudizio abbreviato, ma non nei casi di ergastolo con isolamento diurno che è trasformato in ergastolo senza isolamento.  Per il condannato ricorrente il  giudicato interno, ossia la pena dell’ergastolo doveva essere modificata applicando in via estensiva quanto stabilito dalla Corte europea dei diritti dell’uomo nella sentenza Scoppola contro Italia del 17 settembre 2009. Per la Corte di cassazione non c’è dubbio che un’estensione dei principi fissati dalla Corte di Strasburgo possa avvenire anche se il ricorrente non si è rivolto alla Corte europea perché non può essere ammessa l’esecuzione di una sentenza contraria a Strasburgo. Tuttavia, nel caso di specie, risulta impraticabile il ricorso all’interpretazione conforme e quindi spetta alla Corte costituzionale decidere se gli articoli 7 e 8 del decreto legge n. 341/2000 convertito con legge  n. 4/2001 siano contrari all’articolo 117 della Costituzione. Malgrado la sentenza Scoppola possa, infatti, essere considerata una sentenza pilota perché si occupa di un problema strutturale, le pronunce di Strasburgo non possono essere equiparate a quelle di Lussemburgo ed è quindi necessario un intervento dei giudici costituzionali.

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