E’ la Corte europea dei diritti dell’uomo che contribuisce in misura maggiore e con un ruolo sempre più incisivo a tutelare i diritti degli stranieri nel settore dell’asilo e dell’immigrazione. La Corte di giustizia dell’Unione europea, invece, non sembra ancora aver assunto un ruolo centrale anche a causa del basso numero di rinvii pregiudiziali da parte dei giudici interni malgrado l’alto tasso di complessità della materia. Lo scrive la Commissione sulle libertà civili, giustizia e affari interni del Parlamento europeo nello studio di aprile 2012 sull’impatto della giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea e della Corte europea dei diritti dell’uomo in materia di asilo e immigrazione (PE n. 462.438, EST73275 asilo). Tra Strasburgo e Lussemburgo non c’è dubbio che è la Corte europea a fare la parte da leone: sono state 78 le sentenze in materia di asilo e immigrazione rese nel 2011 (che vuol dire più 6,7% rispetto all’anno precedente), con oltre 4.000 dossier aperti. Dal punto di vista del merito, poi, la CEDU ha chiarito anche alcuni aspetti del diritto Ue, in particolare in ordine all’applicazione del regolamento Ue n. 343 del Consiglio, del 18 febbraio 2003 che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda d’asilo presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un Paese terzo (regolamento Dublino II). Basti pensare alla sentenza del 21 gennaio 2011 (M.S.S. contro Belgio e Grecia, 30696/09), in cui la Grande Camera ha stabilito che il regolamento Dublino che attribuisce allo Stato di primo ingresso la responsabilità a trattare le domande di asilo non si applica se vi siano comprovati rischi di trattamenti disumani e degradanti nello Stato di primo ingresso. Nel caso Hirsi, che è costata una condanna all’Italia, la Corte di Strasburgo, con la sentenza del 23 febbraio 2012 ha sancito l’applicazione del principio di non refoulement in mare, riconoscendo un effetto extraterritoriale alla Convenzione europea.
Per quanto riguarda la Corte di giustizia Ue, è da segnalare l’incidenza delle pronunce di Strasburgo dinanzi ai giudici comunitari: nella sentenza depositata il 21 dicembre 2011 (cause riunite C-411/10 e C-493/10) i giudici Ue, in relazione all’applicazione del regolamento Dublino II, hanno detto no a forme di presunzione assoluta che permettono a uno Stato membro di trasferire i richiedenti asilo in un altro Paese Ue (quello di primo ingresso) presumendo che quest’ultimo assicuri il pieno rispetto dei diritti fondamentali. Tuttavia, sono ancora pochi gli interventi della Corte di Lussemburgo. Per quanto riguarda le cifre se può sembrare elevato il numero delle sentenze in materia di asilo e immigrazione rese dal 2004 ad oggi (760) si deve considerare che esse, in realtà, sono meno del 3% del complesso delle pronunce e riguardano un arco temporale di otto anni. Nel 2011 le sentenze rese a seguito di un rinvio pregiudiziale sono state solo 4 e sono 27 i casi pendenti.
Si vedano i post del 23 febbraio 2012 ( Respingimenti di massa verso la Libia: condanna all’Italia da Strasburgo
e del 21 gennaio 2011 (Il regolamento Dublino sull’asilo all’esame della CEDU).
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