L’Italia fa passi avanti per fronteggiare il costante danneggiamento dell’ozono stratosferico. Ratificata, già da tempo, la Convenzione di Vienna del 1985 (legge n. 277/1988) e il Protocollo di Montreal del 1987 (legge n. 393/1988), che si occupa dell’individuazione delle sostanze nocive per l’ozono stratosferico, adesso Roma ha proceduto all’adozione della legge n. 8 del 21 gennaio 2022 di ratifica ed esecuzione dell’Emendamento al Protocollo di Montreal sulle sostanze che riducono lo strato di ozono, adottato a Kigali il 15 ottobre 2016 (strato di ozono, qui il testo del Protocollo amendment). L’obiettivo è regolamentare il consumo e la produzione di determinate categorie di sostanze che incidono sull’ozonosfera e stabilizzare i livelli annui di produzione e di consumo delle sostanze inquinanti. Dopo le modifiche introdotte con gli emendamenti adottati a Londra nel 1990, a Copenaghen nel 1992, a Montreal nel 1997 e a Pechino nel 1999, gli Stati, a Kigali, hanno spinto per una riduzione di idrofluorocarburi (HFC) per tutelare la fascia dell’ozono stratosferico e per limitare il riscaldamento globale dovuto ad alcune categorie di HFC. Va detto che l’Italia ha già adottato il regolamento UE n. 517/2014 sui gas fluorurati a effetto serra che si spinge ancora più avanti rispetto agli emendamenti al Protocollo di Kigali. Questi ultimi hanno previsto tre gruppi di Paesi “in funzione della data rispetto a cui essi dovranno congelare produzione e consumo di HFC”, con un’ulteriore distinzione in due gruppi per i Paesi in via di sviluppo per i quali l’articolo 5 del Protocollo di Montreal ha previsto particolari regimi.
Per coordinarsi con la Convenzione ONU sui cambiamenti climatici l’articolo III “stabilisce il collegamento dell’Emendamento di Kigali con la Convenzione quadro dell’ONU sui cambiamenti climatici e il relativo successivo Protocollo di Kyoto: in particolare, si prevede che l’Emendamento di Kigali non escluda gli HFC dall’applicazione degli impegni previsti agli articoli 4 e 12 della Convenzione e agli articoli 2, 5, 7 e 10 del Protocollo di Kyoto”.
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