La notizia è che ci sono voluti ben otto anni prima che la Corte europea dei diritti dell’uomo comunicasse al Governo italiano la richiesta di chiarimenti sulle possibili violazioni della Convenzione europea nel corso del processo penale nei confronti dell’ex Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, condannato per frode fiscale con sentenza definitiva il 1° agosto 2013. La sentenza aveva condotto alla decadenza da senatore ma, dopo qualche tempo, Berlusconi aveva ottenuto la riabilitazione ed era stato eletto al Parlamento europeo. Tuttavia, come conseguenza della condanna, la società Fininvest aveva subito limitazioni con riguardo alla detenzione di quote in una banca.
Di qui il ricorso alla Corte europea: la Grande Camera aveva deciso di pronunciarsi prima sulla questione della decadenza e poi sugli altri aspetti della violazione dell’equo processo ma, nelle more del giudizio della Grande Camera, la difesa di Berlusconi aveva ritirato il ricorso proprio perché l’uomo politico era stato riabilitato. Il procedimento andava avanti, invece, con eccessiva lentezza, per gli altri motivi di ricorso. Il 17 maggio 2021, Strasburgo ha pubblicato la comunicazione all’Italia (ricorso n. 8683/14, BERLUSCONI c. ITALIE), che contiene alcune domande le cui risposte serviranno a chiarire la possibile violazione dell’articolo 6 della Convenzione che assicura l’equità del processo, dell’articolo 13 sul diritto di accesso a un tribunale imparziale e dell’articolo 4 del Protocollo n. 7. Strasburgo vuole sapere se è stato garantito il diritto a un tribunale imparziale tenendo conto delle dichiarazioni rese alla stampa dal Presidente della sezione feriale della Corte di cassazione dopo la lettura del dispositivo e prima del deposito delle motivazioni; se il fatto contestato costituiva reato nel momento in cui è stato commesso e se la pena è stata più grave rispetto a quanto previsto; se è stato violato il diritto a partecipare al procedimento a proprio carico nei casi in cui non è stata accolta la richiesta di rinvio delle udienze per legittimo impedimento; se è stato violato il diritto di difesa per la mancata traduzione di alcuni documenti, nonché il principio di parità tra accusa e difesa a causa dell’impossibilità di interrogare alcuni testimoni a carico ed ottenere la convocazione di taluni testimoni richiesti dalla difesa; se le circostanze attenuanti sono state valutate correttamente; se è stato violato il ne bis in idem (articolo 4 del Protocollo n. 7). L’Italia deve rispondere entro il 15 settembre, ma il verdetto della Corte non è previsto in breve tempo, con la conseguenza che sicuramente il procedimento dinanzi a Strasburgo non è stato effettivo e di durata ragionevole.
Il 16 marzo, la cancelleria della Corte ha anche comunicato al Governo il ricorso n. 23554/14 che al centro la violazione del principio della presunzione d’innocenza in relazione al procedimento per risarcimento dei danni avviato contro la Fininvest: nel ricorso si sostiene la violazione del principio per la prescrizione di alcuni reati (BERLUSCONI c. ITALIE-2).
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