Nove metri per tre detenuti. Mancanza di acqua calda. Poca luce. Assenza di circolazione d’aria. Sono le condizioni di vita alle quali sono stati sottoposti i detenuti nelle carceri italiane, alcuni dei quali si sono rivolti alla Corte europea dei diritti dell’uomo e hanno avuto ragione su tutta la linea. Con sentenza depositata oggi nel caso Torreggiani e altri contro Italia (AFFAIRE TORREGGIANI ET AUTRES c. ITALIE) Strasburgo ha inflitto una dura condanna all’Italia per violazione dell’articolo 3 della Convenzione dei diriti dell’uomo che vieta trattamenti disumani e degradanti. Per la Corte, i detenuti non hanno usufruito di condizioni accettabili e sono stati sottoposti a sofferenze di un’intensità ben più grave rispetto a quella inerente alla detenzione. Sorprendente la difesa del Governo italiano che si è arrampicato sugli specchi. Prima eccependo che la cella fosse di 11 metri senza – osserva la Corte – fornire alcuna prova. Poi sostenendo che i ricorrenti non potevano rivolgersi a Strasburgo non avendo la qualità di vittime in quanto trasferiti (dopo diversi mesi) in altri istituti carcerari, senza però ottenere alcuna riparazione per la violazione subita. Una teoria fondata sul principio “scordiamoci il passato” che la Corte non ha condiviso affermando che una misura successiva favorevole ai ricorrenti non consente di ritirare la qualità di vittima che, per di più, sul piano nazionale, non ha a disposizione rimedi effettivi. In passato, ha ricordato la Corte, il tribunale di sorveglianza di Lecce, con ordinanza del 7 settembre 2011 (divenuta definitiva), aveva disposto il risarcimento del danno esistenziale (220 euro) a un detenuto costretto a vivere in uno spazio inferiore ai 3 metri quadrati in linea con la sentenza della Corte europea del 16 luglio 2009 nel caso Sulejmanovic contro Italia, ma la pronuncia è rimasta isolata.
Questa volta, poi, c’è di più. La Corte europea ha accertato il carattere strutturale del problema del sovraffolamento delle carceri italiane, attestato anche dalle centinaie di ricorsi che pendono a Strasburgo. Verificata l’assenza di rimedi a una situazione drammatica che si protrae senza soluzioni, ha dato 1 anno di tempo all’Italia per individuare misure in grado di risolvere il problema. Pur lasciando libertà allo Stato nell’individuazione delle misure specifiche, i giudici internazionali hanno fornito alcune indicazioni come il ricorso a misure alternative e la riduzione del ricorso al carcere per alcuni reati. Un fatto è certo, per la Corte: nel caso di violazione dell’articolo 3 le autorità nazionali hanno l’obbligo di mettere fine alla condizione che causa una lesione della dignità umana. Sul fronte del danno non patrimoniale, la Corte ha riconosciuto un indennizzo di 99.600 euro da ripartire tra i ricorrenti.
C’è da sperare che il Governo non faccia ricorso alla Grande camera e metta mano alle riforme necessarie per far sì che le carceri italiane siano conformi agli standard internazionali a tutela dei diritti umani.
calvia alessandro
gennaio 17, 2013vorrei sapere se e giusto passare 24 su 24 in una cella dove puoi solo stare in piedi senza caminare lascio a voi imaginare di quanti merti anzi centimetri e la cela senza il fato che si sta tuto il giorno cuffia giuboti sciarpa altra cosa e dove si mangia si fanno ibisogni e anche qui lascio imaginare a voi come si vive vorrei solo sapere e dire se sonno li sto pagando ma vorrei un po della mia dignita come essere umano e i miei diriti dove sonno alessandro calvia alghero sardegna carcere san sebastiano sassari grazie sorella giovanna calvia