Spinta al riconoscimento delle qualifiche anche per cittadini extra Ue

Con la raccomandazione n. 2023/2611 sul riconoscimento delle qualifiche dei cittadini di Paesi terzi, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea (serie legislazione) del 24 novembre (raccomandazione qualifiche), la Commissione europea prova ad aiutare le imprese che si trovano ad affrontare problemi nell’assunzione di personale, a causa sia del calo demografico, sia dell’assenza di personale con specifiche qualifiche, attraverso un’eliminazione di oneri amministrativi e un taglio nei costi. Bruxelles ha chiesto agli Stati lo snellimento del riconoscimento delle qualifiche professionali di cittadini extra-Ue per l’accesso a professioni regolamentate e non. In settori come l’edilizia, l’industria manifatturiera, le tecnologie dell’informazione e della comunicazione, dei trasporti, dei servizi professionali, della sanità e dell’assistenza a lungo termine vi sono lacune nel personale specializzato tra i cittadini Ue e, quindi, per fare sì che l’Unione europea diventi un leader mondiale competitivo e polo “per le tecnologie a zero emissioni nette” è necessario favorire la mobilità dei lavoratori nell’ambito del mercato interno. Nel 2022 – precisa Bruxelles – è stato evidente un tasso di sovra-qualificazione rispetto al lavoro svolto da parte di cittadini extra-UE, con una percentuale del 39,4% per i cittadini di Paesi terzi rispetto al 31,8% per quelli provenienti da altri Stati membri e del 21,1% per i cittadini dello Stato membro preso in esame. Inoltre, alcuni strumenti, pure utili, come la direttiva 2011/1883 che ha istituito la Carta blu, non sono bastati e, quindi, la Commissione propone un riconoscimento delle qualifiche e delle competenze di cittadini di Paesi terzi più rapido, nonché un approccio basato “sul primato delle competenze” e dell’esperienza e non unicamente delle qualifiche. Pertanto, con la raccomandazione, la Commissione chiede agli Stati di eliminare il riconoscimento delle qualifiche nei casi di assunzione in professioni non regolamentate, procedendo, invece, a una raccolta di informazioni che permetta “la comprensione e il confronto delle qualifiche dei cittadini di Paesi terzi al fine di sostenere l’assunzione, se necessario”. Altri interventi dovrebbero riguardare l’eliminazione di oneri amministrativi e costi e, in questa direzione, sarà utile il software eTraslation. Una sezione della raccomandazione è dedicata al riconoscimento delle qualifiche professionali che danno accesso alle professioni regolamentate. Agli Stati è richiesto un allineamento con le procedure previste dalla direttiva 2005/36: le autorità nazionali, quindi, dovrebbero richiedere documenti simili per numero e per tipologia a quelli previsti per i cittadini Ue, senza che il riconoscimento sia condizionato alla conoscenza linguistica salvo per alcune professioni e, in ogni caso, nel rispetto del principio di necessarietà e proporzionalità. Le autorità nazionali dovranno considerare l’esperienza professionale di 3 anni conseguita in un altro Stato membro che ha già proceduto al riconoscimento del titolo e applicare misure compensative solo in situazioni equivalenti a quelle previste dalla direttiva 2005/36. Va assicurata, inoltre, la facoltà di scelta tra un tirocinio di adattamento e una prova attitudinale.

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