Sottrazione internazionale di minori e residenza abituale. La Corte suprema inglese è intervenuta, con la sentenza depositata il 22 maggio (AR v RN, [2015] UKSC 35, uksc-2015-0048-judgment) a fornire taluni chiarimenti in particolare sui parametri da applicare per determinare la residenza abituale del minore, ponendo in primo piano la stabilità della residenza e considerando priva di rilievo l’intenzione dei genitori di assumere una specifica residenza in modo permanente. Alla Suprema Corte si era rivolto il padre di due bambine che erano nate e cresciute in Francia. La madre, con il consenso del padre, che era rimasto in Francia, si era recata in Scozia. Dopo qualche mese la relazione era finita e la donna aveva deciso di rimanere in Scozia, impedendo all’ex partner (la coppia non era sposata) di portare i bambini in Francia. L’uomo aveva così iniziato un procedimento per sottrazione internazionale di minori sulla base della circostanza che i bambini avevano la residenza abituale in Francia. I giudici di primo grado gli avevano dato ragione. Non così i giudici di secondo grado i quali avevano constatato che la residenza abituale dei minori era in Scozia e giudicato irrilevante la circostanza che i genitori avessero o meno l’intenzione di spostare la residenza dalla Francia alla Scozia. Una conclusione condivisa dalla Corte Suprema la quale è partita dalla constatazione che la residenza abituale va verificata sulla base di elementi di fatto e che l’intenzione dei genitori è solo uno degli elementi da prendere in considerazione. Ciò che conta – osserva la Corte – è il grado di integrazione nell’ambiente sociale e familiare del Paese in questione. Tanto più che nessuna norma vieta unilateralmente il cambio della residenza abituale del minore. La Suprema Corte ha raggiunto detta conclusione tenendo conto della Convenzione dell’Aja del 25 ottobre 1980 sugli aspetti civili della sottrazione internazionale del minore e del regolamento 2201/2003 relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, nonché della sentenza Mercredi (C-497/10) della Corte di giustizia dell’Unione europea del 22 dicembre 2010. In quell’occasione, i giudici di Lussemburgo hanno precisato che, ai fini dell’accertamento della residenza abituale, è necessario verificare che la presenza in un Paese non abbia un mero carattere temporaneo e che il minore sia integrato nell’ambiente sociale e familiare considerando la durata, la regolarità, le condizioni e le ragioni del soggiorno in uno Stato membro. Nel caso all’attenzione della Corte suprema inglese, le minori erano vissute in Scozia per un anno, in modo stabile, e si erano integrate nel contesto sociale e familiare. Di conseguenza, nel caso di specie, i minori erano residenti in modo abituale in Scozia, poiché non rileva l’intenzione dei genitori o la volontà iniziale di trasferirsi per un periodo determinato piuttosto che per sempre. Essenziale, invece, la stabilità dei minori in un Paese, tenendo conto che il trascorrere del tempo è indice di detta stabilità, mentre non ha importanza il carattere permanente. Di qui la conseguenza che non vi è stata alcuna sottrazione internazionale.
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