Una lettura della normativa interna orientata al principio di non discriminazione sancito dalla Corte europea dei diritti dell’uomo. E’ quella fornita dalla Corte di cassazione, sezione lavoro, nella sentenza n. 15220/14 del 3 luglio (soggiornanti). Alla Suprema Corte si era rivolto l’Inps che non condivideva la decisione della Corte di appello di Milano del 24 agosto 2012 con la quale era stata accolta la richiesta di una cittadina pakistana soggiornante di lungo periodo in Italia, la quale aveva presentato una domanda di assegno per nucleo familiare. Ad avviso dell’Inps, la richiesta doveva essere respinta. Di diverso avviso la Cassazione. Va ricordato che, in un primo tempo, in base all’articolo 65 della legge n. 448/98, i benefici per i nuclei familiari costituiti da almeno tre figli potevano essere concessi solo ai cittadini italiani, residenti sul territorio. Con la legge n. 388/2000 i benefici erano stati estesi ai cittadini comunitari. Restavano fuori i cittadini extra Ue. E questo anche a seguito dell’adozione del Dlgs n. 3/2007 che ha recepito la direttiva 2003/109 relativa ai soggiornanti di lungo periodo. Tuttavia, poiché era stata aperta una procedura d’infrazione dalla Commissione europea, il beneficio era stato esteso, con l’articolo 13 della legge n. 97/2013, anche ai cittadini extracomunitari soggiornanti di lungo periodo. Mentre era in corso l’iter di approvazione della legge, la Corte costituzionale aveva dichiarato manifestamente inammissibile la questione dell’illegittimità costituzionale dell’articolo 65. La Corte europea, invece, nella sentenza dell’8 aprile 2014 (Dhahbi contro Italia, ricorso n. 17120/09, AFFAIRE DHAHBI c. ITALIE), aveva condannato l’Italia per violazione dell’articolo 6 nonché per non aver rispettato l’articolo 8 (diritto al rispetto della vita privata e familiare) e l’articolo 14 che vieta ogni forma di discriminazione. In particolare, per Strasburgo, il rifiuto di concedere gli assegni familiari al ricorrente cittadino extracomunitario era stato opposto solo perché il richiedente all’epoca dei fatti non era ancora cittadino italiano malgrado, in quanto lavoratore regolare, versasse i contributi all’Inps, con un’evidente violazione del principio di non discriminazione. La Cassazione, anche alla luce di questa sentenza, ritiene che la limitazione dell’estensione del beneficio introdotto con la legge n. 97/2013 solo a partire dal luglio 2013, sarebbe in contrasto con l’articolo 117 della Costituzione. Corretta, quindi, l’interpretazione estensiva a favore della soggiornante di lungo periodo sancita dalla Corte di appello che si è pronunciata prima della modifica legislativa e delle citate sentenze.
Si veda il post http://www.marinacastellaneta.it/blog/violazione-dellequo-processo-se-il-giudice-nazionale-rifiuta-il-rinvio-pregiudiziale-a-lussemburgo-senza-motivare-il-diniego.html nonché http://www.marinacastellaneta.it/blog/permessi-ue-soggiornanti-di-lungo-periodo-un-chiarimento-da-lussemburgo.html
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