La scelta di uno Stato di imporre prezzi uniformi per la vendita di farmaci soggetti a prescrizione è contraria al diritto dell’Unione. Lo ha stabilito la Corte di giustizia dell’Unione europea con la sentenza del 19 ottobre (C-148/15, c-14815) con la quale Lussemburgo ha chiarito che il regime di fissazione dei prezzi di vendita da parte delle autorità nazionali indirizzato alle farmacie è una misura di effetto equivalente a una restrizione quantitativa all’importazione contraria al diritto Ue. La questione sollevata a Lussemburgo ha avuto origine dalla controversia tra un’organizzazione tedesca di mutua assistenza a malati di Parkinson, che aveva scelto, per vendere alcuni farmaci, un sistema di bonus collegato all’acquisto per corrispondenza da una farmacia olandese e l’associazione tedesca per la lotta contro la concorrenza sleale la quale sosteneva che la pratica era contraria al sistema tedesco secondo il quale spetta al Ministero dell’economia stabilire i prezzi uniformi di medicinali soggetti a prescrizioni. Il Tribunale di Dusseldorf aveva accolto il ricorso, mentre il giudice di appello, prima di decidere, si è rivolto alla Corte Ue. Gli eurogiudici hanno stabilito che il sistema di imposizione dei prezzi è contrario alla regola fondamentale della libera circolazione delle merci garantita dall’articolo 34 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, che vieta restrizioni quantitative all’importazione tra gli Stati membri. E’ vero che le regole valgono sia per le farmacie tedesche sia per quelle con sede in altri Paesi membri ma, nella sostanza, l’incidenza negativa è maggiore sulle farmacie situate al di fuori del territorio tedesco che, per di più, utilizzano la politica dei prezzi per raggiungere più consumatori non potendo offrire servizi come la consulenza individuale. Certo – osserva la Corte – anche le farmacie tedesche subiscono una restrizione, ma con effetti più limitati rispetto a quelle che hanno sede in altri Stati e vendono via internet perché per quelle tedesche il web è un mezzo supplementare rispetto alla vendita tradizionale, mentre le farmacie stabilite in altri Stati membri utilizzano internet, strumento principale, se non esclusivo di vendita. Pertanto, la Corte conclude nel senso di ritenere il sistema tedesco come un ostacolo all’accesso al mercato e una misura di effetto equivalente a una restrizione quantitativa vietata dal Trattato.
La Corte, poi, esclude che il sistema tedesco possa essere giustificato dall’obiettivo della tutela della salute pubblica, invocato dal Governo che, però, non ha provato il pericolo esistente nei casi di accesso a medicinali a un prezzo inferiore ricorrendo a farmacie che hanno sede in altri Stati e vendono online e non ha fornito dati statistici o elementi idonei a provare i vantaggi dei prezzi imposti. Anzi – osserva Lussemburgo – è ben possibile che una maggiore concorrenza dei prezzi procuri vantaggi ai consumatori. Di qui la bocciatura delle restrizioni.
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