Si all’esclusione di pensionati dall’attribuzione di incarichi di consulenza se lo Stato Ue punta alla maggiore occupazione dei giovani

Gli Stati membri possono decidere di escludere dall’attribuzione di incarichi di consulenza professionisti già in pensione a condizione che la scelta sia basata sulla tutela del mercato del lavoro e delle politiche di occupazione e che i mezzi utilizzati siano idonei e necessari. Lo ha affermato la Corte di giustizia dell’Unione europea con la sentenza del 2 aprile 2020 nella causa C-670/18 (C-670:18). A chiamare in aiuto Lussemburgo, il Tribunale amministrativo della Sardegna alle prese con il ricorso di un professionista che non aveva potuto partecipare a un bando di un comune il quale aveva pubblicato un avviso di manifestazione di interesse per l’assegnazione di un incarico di studio e consulenza per il centro di riciclaggio comunale. Tra i requisiti richiesti nel bando, la laurea in medicina, un’esperienza dirigenziale e non essere in quiescenza. Di qui l’impugnazione del bando dinanzi al Tar Sardegna di un professionista che contestava l’esclusione per lo stato di quiescenza ritenuta come discriminazione indiretta in base all’età contraria alla direttiva 2000/78 che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro. Di diverso avviso la Corte Ue. E’ vero che la direttiva vieta ogni discriminazione diretta o indiretta, comprese le situazioni in cui una persona sia trattata meno favorevolmente di un’altra che si trovi in una situazione analoga e che anche criteri neutri possono “mettere in una posizione di particolare svantaggio le persone di una particolare età rispetto ad altre”, ma gli Stati membri, se perseguono il rinnovamento del personale con l’assunzione di giovani, favorendo l’accesso di questi ultimi alla funzione pubblica, possono adottare una misura come quella scelta dal comune italiano. L’esclusione legata allo stato di quiescenza, anche se l’età non è uguale per tutti, provoca un trattamento meno favorevole rispetto a persone che esercitano ancora un’attività professionale con ciò determinando una discriminazione indiretta basata sull’età, ma se la motivazione è l’accesso al lavoro di giovani la misura è compatibile con il diritto Ue. A patto, però, che non siano compromessi in modo eccessivo gli interessi legittimi delle persone in quiescenza, che non sia svuotato della sua sostanza il principio di non discriminazione sulla base dell’età e che la misura non sia giustificata per le sole esigenze di bilancio. Spetterà, in ogni caso, ai giudici nazionali stabilire se è stato raggiunto un giusto equilibrio tra accesso dei più giovani all’occupazione e diritto al lavoro delle persone più anziane.

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