Prima del via libera al ricongiungimento familiare di un cittadino di un Paese terzo con il coniuge regolarmente residente in uno Stato Ue, le autorità nazionali possono prevedere misure di integrazione tra le quali una prova linguistica e di cultura del Paese di destinazione. Lo ha scritto l’Avvocato generale della Corte di giustizia dell’Unione europea, Kokott, nelle conclusioni depositate il 19 marzo (causa C-153/14, conclusioni). A Lussemburgo si sono rivolti i giudici olandesi a seguito del ricorso di due donne, una cittadina dell’Azerbaijan e una della Nigeria, che chiedevano il ricongiungimento con i due coniugi già soggiornanti legalmente nei Paesi Bassi. La legislazione olandese prevede che prima dell’ingresso le richiedenti effettuino una prova, ma le due donne avevano addotto problemi fisici e psichici che, però, le autorità nazionali non hanno ritenuto sufficienti per esonerarle. Nodo della questione è se le prove possano essere considerate come misure di integrazione ammissibili secondo l’articolo 7 della direttiva 2003/86 relativa al diritto al ricongiungimento familiare recepita in Italia con Dlgs n. 5/2007. L’Avvocato generale propende per questa soluzione e ritiene che le richieste olandesi possono essere considerate come misure di integrazione. Questo perché – scrive Kokott – la conoscenza linguistica elementare e una prova di cultura servono ad assicurare che una volta arrivate le donne possano integrarsi più facilmente.
Chiarito, quindi, che le misure sono ammissibili ai sensi della direttiva, l’Avvocato generale ha fissato alcuni paletti chiarendo che la misura deve essere proporzionale e finalizzata allo scopo perseguito, senza mettere a repentaglio l’efficacia pratica della direttiva sul ricongiungimento. Di qui la necessità che gli Stati, i quali dispongono di un certo margine di discrezionalità, prevedano sempre un esame delle circostanze individuali, procedendo a un accertamento caso per caso con una valutazione della natura e della solidità dei vincoli familiari. Senza trascurare l’obbligo di considerare le condizioni di salute, le capacità cognitive, il livello di formazione dei richiedenti. Non convince, invece, l’Avvocato generale la decisione di imporre una tassa pari a 350 euro per sostenere l’esame. Un onere troppo elevato che ostacola il ricongiungimento.
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