Sì alle misure interdittive nei casi di corruzione internazionale

Nei casi di corruzione internazionale sono applicabili le misure cautelari interdittive previste dall’articolo 322 bis del codice penale (modificato anche al fine di tenere conto della ratifica, con legge 3 agosto 2009 n. 116, della Convenzione Onu contro la corruzione), a patto però che non vi sia un coinvolgimento, nella fase di esecuzione delle misure, di organismi di uno Stato estero sui quali il giudice italiano non ha giurisdizione. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, sezione sesta penale, nella sentenza n. 42701 depositata il 1° dicembre 2010 (http://www.cortedicassazione.it/Documenti/42701_12_10.pdf) che ha ritenuto determinante, nell’interpretazione fornita, la necessità perseguita con il Dlgs 231/2001  sulla «Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica», di applicare sanzioni efficaci nella lotta alla corruzione internazionale. Alla Suprema corte aveva fatto ricorso la procura di Milano contro l’ordinanza del Tribunale che aveva rigettato la richiesta di applicare misure interdittive nei confronti di Eni e Saipem per i contratti stipulati con la compagnia petrolifera nigeriana. Spetta ora al tribunale di Milano disporre l’applicazione delle misure seguendo le indicazioni della Cassazione. Da verificare, invece, con quali modalità potranno essere applicate in concreto le misure in esame in uno Stato estero.

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