Se la notizia pubblicata è vera e di interesse generale la tutela della reputazione cede il passo alla libertà di stampa. E’ la Corte europea dei diritti dell’uomo a rafforzare la libertà di azione dei giornalisti riconoscendo il diritto a pubblicare notizie di interesse per la collettività anche se l’articolo riporta informazioni sullo stato di salute di un dipendente pubblico che, ricorda la Corte, ha meno tutele in materia di privacy rispetto a un privato cittadino. Con la sentenza depositata il 17 maggio nel caso Fürst-Pfeifer contro Austria (ricorsi n. 33677/10 e n. 52340/10, CASE OF F?RST-PFEIFER v. AUSTRIA) Strasburgo ha dato ragione ai giornalisti rigettando il ricorso di una donna che contestava all’Austria di non aver salvaguardato il suo diritto al rispetto della vita privata assicurato dall’articolo 8 della Convenzione europea. La donna, che era una psichiatra impegnata in diversi procedimenti per la custodia di minori e nominata dall’autorità giudiziaria come esperto in casi relativi a maltrattamenti di bambini, era stata al centro di un articolo pubblicato su un giornale online e su una newsletter cartacea edita da una società austriaca. Nell’articolo si richiamava l’attenzione sulla circostanza che la donna aveva sofferto di attacchi di panico, sbalzi di umore, allucinazioni e pensieri suicidi. La psichiatra aveva agito contro l’editore che, in primo grado, era stato condannato a pagare 5mila euro. Un verdetto ribaltato in appello. I giudici nazionali, anche della cassazione, infatti, avevano considerato preminente la circostanza che l’articolo conteneva fatti veri ed era ben bilanciato perché si dava atto che la donna non aveva mai ricevuto contestazioni nell’esercizio della sua attività professionale.
Una visione condivisa da Strasburgo che ha respinto il ricorso della donna. La Corte non sottovaluta l’importanza del diritto alla reputazione e riconosce che la salute è un elemento essenziale della vita privata, ma questi diritti devono essere bilanciati con quello della collettività a ricevere informazioni di interesse generale. Nel valutare il comportamento dell’editore, la Corte non ha dubbi sul fatto che l’articolo riguardava una questione di interesse per la collettività e non serviva certo ad appagare la curiosità del pubblico. E’ evidente – osservano i giudici internazionali – che è interesse di tutti sapere se un esperto ha i requisiti psicologici per essere chiamato a svolgere una consulenza, nominato dai tribunali interni. E’ vero, poi, che non si trattava di un politico nei confronti dei quali il perimetro di tutela della privacy è molto limitato, ma se un funzionario pubblico agisce nella sua qualità professionale, in quest’ambito, può essere sottoposto a uno scrutinio più ampio rispetto a quello ordinariamente applicabile a un normale cittadino. Giusto, quindi, negare il risarcimento alla donna e privilegiare la libertà di stampa.
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