Sfruttamento di migranti come braccianti agricoli: Strasburgo chiede agli Stati di combattere il lavoro forzato e la tratta di esseri umani

Gli Stati parti alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo non devono interpretare il reato di traffico di esseri umani in modo restrittivo e sono tenuti a intervenire per aiutare le vittime e punire i colpevoli. Di conseguenza, è una violazione della Convenzione un’interpretazione restrittiva che comporta la configurazione della tratta solo nel caso di schiavitù e non nell’ipotesi in cui le vittime siano sottoposte a forme di lavoro forzato durante il lavoro stagionale nei campi. E’ quanto ha stabilito la Corte europea dei diritti dell’uomo con la sentenza Chowdury e altri contro Grecia depositata il 30 marzo (ricorso n. 21884/15, AFFAIRE CHOWDURY ET AUTRES c. GR?CE). A rivolgersi a Strasburgo 42 cittadini del Bangladesh che vivevano in Grecia e che erano stati reclutati per raccogliere le fragole con una paga di 22 euro per 7 ore di lavoro e un controllo, mentre lavorano e vivevano in condizioni di degrado, da guardie private armate. In realtà, gli uomini, che non avevano il permesso di lavoro, non erano stati pagati. Avevano così protestato, ne erano seguiti incidenti con i datori di lavoro che avevano addirittura aperto il fuoco sui braccianti. I titolari erano però stati assolti dall’accusa di traffico di esseri umani ed erano stati tenuti a pagare unicamente 43 euro a ciascun lavoratore. Inoltre, il procuratore non aveva voluto presentare il ricorso in Cassazione per l’accusa di traffico di esseri umani. Di qui il ricorso a Strasburgo che ha dato ragione alle vittime. Prima di tutto, la Corte europea ha ribadito che la tratta di esseri umani rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 4 della Convenzione che vieta il lavoro forzato e la schiavitù, precisando che gli Stati non devono utilizzare una nozione troppo restrittiva. Nel caso di specie, i ricorrenti erano stati sottoposti a lavoro forzato ed erano state vittime della tratta di esseri umani ai sensi dell’articolo 3a del Protocollo alla Convenzione di Palermo e dell’articolo 4 della Convenzione del Consiglio d’Europa sulla lotta contro la tratta degli esseri umani. Gli Stati, inoltre, sono tenuti ad adottare un quadro legislativo e amministrativo che proibisca e punisca il lavoro forzato e devono intervenire con controlli  e ispezioni per prevenire il traffico di esseri umani. Non solo. Va garantita un’azione giurisdizionale effettiva e una punizione per gli autori del crimine. Nel caso si specie, la Corte europea ha accertato che lo Stato ha violato l’articolo 4 venendo meno all’obbligo positivo di prevenire il crimine, proteggere le vittime e punire i colpevoli. Strasburgo ha anche consesso 16mila euro ai ricorrenti che avevano partecipato al procedimento dinanzi alla Corte di assise e 12mila agli altri ricorrenti.

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