Nelle procedure di sfratto, le autorità nazionali devono tenere conto degli effetti sulle famiglie vulnerabili coinvolte e dell’interesse superiore del minore. Di conseguenza, se non viene effettuato un preliminare test di proporzionalità, la procedura di sfratto è in contrasto con gli articoli 9 (diritto alla sicurezza sociale) e 11 (diritto a un livello di vita adeguato, incluso l’alloggio) del Patto sui diritti economici, sociali e culturali, ratificato con legge 25 ottobre 1977 n. 881 (successivamente, con legge 3 ottobre 2014 n. 152, l’Italia ha ratificato anche il Protocollo facoltativo al Patto, adottato a New York il 10 dicembre 2008).
È quanto ha stabilito, con la constatazione del 28 febbraio 2024 (E_C-12_75_D_226_2021_36501_E), il Comitato sui diritti economici, sociali e culturali del Patto che ha accertato la violazione degli articoli indicati da parte dell’Italia nell’ambito di una procedura di sfratto che aveva colpito due cittadini marocchini i quali abitavano in alcuni appartamenti abbandonati. Il blocco abitativo era stato ristrutturato da cinque famiglie di lavoratori nordafricani. Le Ferrovie dello Stato, dopo diverso tempo, avevano notificato di aver ottenuto la proprietà del luogo e proceduto all’iter di sfratto. Le famiglie avevano dovuto pagare un multa per occupazione abusiva e, a seguito di un accertamento dei Vigili del Fuoco che avevano constatato il cattivo stato delle case, il Tribunale civile di Roma, nel 2012, aveva emesso un provvedimento di sfratto. Tuttavia, le famiglie avevano continuato a vivere in quelle case, procedendo ad altri lavori di ristrutturazione. Nel 2021, era stato adottato il provvedimento di sfratto esecutivo, ma era stato impossibile eseguirlo per via delle proteste. Così, due persone, che vivevano in quelle unità con le proprie famiglie, inclusi minori, hanno depositato dinanzi al Comitato un ricorso contro l’Italia sostenendo che avevano subito uno stato di incertezza abitativa per 16 anni e che le autorità nazionali non avevano fornito, malgrado le richieste dei due lavoratori, un alloggio sociale. Dichiarati i ricorsi ricevibili, il Comitato è passato a verificare se la decisione giudiziaria di sfrattare i ricorrenti e le loro famiglie, senza una consultazione e senza prevedere alternative, costituisca una violazione del diritto a un alloggio adeguato ai sensi dell’articolo 11 del Patto. Ricostruita la prassi sugli sfratti esecutivi, il Comitato ha ritenuto che gli sgomberi forzati sono contrari al Patto e possono essere giustificati solo in situazioni eccezionali. Nel caso in esame, le autorità nazionali non hanno rispettato i principi di ragionevolezza e di proporzionalità. Inoltre, l’articolo 4 richiede che la limitazione del diritto all’alloggio adeguato sia stabilita per legge, promuova il benessere generale in una società democratica e abbia uno scopo legittimo, fermo restando che le autorità nazionali sono tenute ad utilizzare i mezzi che interferiscano nella misura minore possibile con il diritto. Ad avviso del Comitato, lo Stato deve dimostrare che i benefici della limitazione nel promuovere il benessere generale superino l’impatto sul godimento del diritto. Le autorità giudiziarie, quindi, sono tenute a una valutazione della proporzionalità della misura, eventualmente anche sospendendo o rinviando l’ordine di sfratto “per evitare di sottoporre le persone sfrattate all’indigenza o ad altre violazioni di altri diritti sanciti dal Patto”. In questo caso, non era stata accertata la disponibilità di alloggi alternativi adeguati, né era stata considerata la situazione delle persone a carico dei ricorrenti, inclusi minori e anziani. Inoltre – scrive il Comitato – non risulta una valutazione su misure alternative o che comportino un’ingerenza minore con il diritto all’alloggio, né sul rispetto delle garanzie procedurali. Le politiche pubbliche e le misure legislative che criminalizzano individui o gruppi di individui sulla base della loro situazione abitativa possono essere discriminatorie e contrarie al diritto a un alloggio adeguato, ledendo anche l’unità familiare soprattuto nel caso in cui siano coinvolte famiglie con minori. Accertata la violazione, il Comitato ha chiesto all’Italia di adottare le misure necessarie per garantire che gli sfratti di persone prive di mezzi per ottenere un altro alloggio avvengano solo nell’ambito di procedimenti che prevedano la consultazione delle persone interessate, valutando gli alloggi alternativi. Inoltre, se sono coinvolti minori, questi ultimi hanno diritto ad essere ascoltati. Richiesto anche un Piano globale per garantire il diritto a un alloggio adeguato per le persone a basso reddito.
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