La Corte di cassazione, I sezione penale, con la sentenza n. 22120/16 depositata il 26 maggio fa il punto sugli effetti della sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea nel caso El Dridi e chiarisce che la “sostanziale valutazione di incompatibilità della norma incriminatrice interna con la disciplina Ue produce effetti simili alla abolitio criminis” (2_22120_2016). La Suprema Corte, proprio grazie alla pronuncia di Lussemburgo (28 aprile 2011, si veda il post del 28 aprile), ha accolto il ricorso del Procuratore generale della Repubblica di Perugia il quale chiedeva l’annullamento della condanna di un cittadino del Marocco condannato a un anno di reclusione per aver violato l’obbligo di lasciare il territorio dello Stato dopo l’adozione di un decreto di espulsione. L’annullamento è stato richiesto perché il fatto per il quale l’uomo era stato condannato, proprio a seguito della pronuncia El Dridi, non si può più considerare come previsto dalla legge come reato. In particolare, l’indicata sentenza ha prodotto effetti sull’articolo 14, comma 5-ter del Dlgs n. 286/98 che puniva con la sanzione detentiva la condotta di ingiustificata inosservanza dell’ordine di allontanamento, di fatto portando all’abolizione del reato. L’indicata abolizione è stata poi confermata con il decreto legge n. 89/2011 e il recepimento della direttiva 2008/115.
Si vedano i post http://www.marinacastellaneta.it/blog/la-cassazione-applica-il-decreto-legge-sul-recepimento-della-direttiva-rimpatri.html e http://www.marinacastellaneta.it/blog/recepita-la-direttiva-rimpatri.html
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