La Corte di cassazione, sesta sezione civile -1, con la sentenza n. 4522/2015 depositata il 5 marzo ha chiarito il perimetro per il riesame delle domande di protezione internazionale nei casi in cui il richiedente non abbia potuto invocare la propria omosessualità al momento della prima istanza, poi ripetuta (4522:15). A rivolgersi alla Cassazione era stato un cittadino liberiano al quale era stata respinta, dalla Commissione territoriale di Caserta, la domanda di riconoscimento della protezione internazionale. L’uomo aveva impugnato il provvedimento ma la Corte di appello lo aveva rigettato anche in ragione del fatto che l’omosessualità non era stata invocata come elemento idoneo a giustificare il rischio di persecuzioni nel Paese di origine nel corso della prima domanda. Di conseguenza, in base all’art. 29 del Dlgs 25/2008 di attuazione della direttiva 2005/85/CE recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato, la domanda non poteva essere accolta.
Di diverso avviso la Cassazione la quale ha chiarito che l’art. 29 lett. b) del Dlgs 25/2008 in base al quale la Commissione territoriale deve dichiarare inammissibile la domanda se il richiedente “ha reiterato identica domanda dopo che sia stata presa una decisione da parte della Commissione stessa senza addurre nuovi elementi in merito alle sue condizioni personali o alla situazione del suo Paese di origine” deve essere interpretato nel senso che è possibile un nuovo esame della domanda se vengono prospettati nuovi elementi anche se già esistenti al momento della precedente richiesta che l’istante non ha potuto presentare non per sua colpa. Nel caso di specie, la Corte di Cassazione, che ha annullato la pronuncia e rimesso la questione alla Corte di appello, ritiene necessario che sia consideratala la condizione personale e sociale del richiedente, che in ragione della sua religione non aveva divulgato la sua omosessualità, oltre al fatto che nel Paese di origine l’omosessualità è un reato costituendo così non solo un’ingerenza nella vita priva e una lesione della libertà personale, ma anche una certa situazione oggettiva di persecuzione.
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