No al rientro dei minori nel Paese della residenza abituale se ci sono rischi per il loro benessere psichico e fisico. Lo ha precisato la Corte di cassazione, prima sezione civile, con la sentenza del 19 agosto 2015 n. 16904/15 (16904) con la quale la Suprema Corte ha ritenuto motivato e legittimo il provvedimento del Tribunale per i minorenni che aveva respinto la richiesta di un padre il quale chiedeva che i tre figli minorenni, tornati in Italia con la madre, rientrassero negli Stati Uniti, luogo della residenza abituale. Da un lato, la Corte ha ritenuto fondato il motivo di doglianza del padre che contestava la decisione del Tribunale secondo il quale non era stato dimostrato che i tre minori avessero la residenza abituale negli Stati Uniti. E’ evidente – precisa la Cassazione – che nel caso di bambini il fatto che risiedessero e frequentassero la scuola materna negli Stati Uniti è un chiaro indizio della sussistenza della residenza abituale dei minori negli Usa, senza che sia necessario dimostrare che lì era il centro dei riferimenti affettivi, culturali e sociali. Trattandosi di bambini molto piccoli, infatti, era sufficiente che vivessero negli Stati Uniti. La Corte di Cassazione ha invece condiviso la scelta del Tribunale per i minorenni che ha deciso per il mancato rientro dei minori in ragione del rischio per i bambini di essere esposti a pericoli fisici o psichici, situazione che era stata accertata dai giudici del Tribunale per i minorenni, in linea con quanto previsto dall’articolo 13 della Convenzione dell’Aja del 25 ottobre 1980 sugli aspetti civili della sottrazione internazionale del minore. Giustificato così il no al rientro e il rigetto del ricorso del padre.
Si veda il post http://www.marinacastellaneta.it/blog/sottrazione-internazionale-dei-minori-uno-studio-dellunione-europea.html
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