La crisi economica non può portare ad arretramenti nella tutela dei diritti collegati al lavoro riconosciuti nel Patto sui diritti economici, sociali e culturali del 1966 ratificato dall’Italia con legge 25 ottobre 1977 n. 881. In particolare, gli Stati devono garantire la piena applicazione del diritto di ogni individuo a eque e favorevoli condizioni di lavoro secondo quanto previsto nell’articolo 7 del Patto che impone la previsione di salari minimi, senza distinzioni di genere e discriminazioni, un’esistenza decorosa per i lavoratori, la sicurezza e l’igiene sul lavoro, la possibilità uguale per tutti di essere promossi nel rispettivo impiego, il diritto al riposo, agli svaghi, le ferie, la remunerazione per i giorni festivi. Lo scrive il Comitato sui diritti economici, sociali e culturali nei General Comments n. 23 dell’8 marzo (E_C-12_GC_23_7937_E-2) ricordando che tale diritto è anche un pre-requisito per godere di altri diritti riconosciuti nel Patto, come quello alla salute, alla remunerazione, all’istruzione. Un diritto, però, non pienamente realizzato, con troppe fasce della popolazione, ovunque nel mondo, che ricevono salari molto bassi e con la piaga del gap gender ancora troppo diffusa. Senza dimenticare le vittime di incidenti sul lavoro. Il Comitato ha lanciato l’allarme sull’incidenza della crisi economica sulla vita lavorativa, che ha portato all’ingresso di nuove tipologie di contratti di lavoro che spesso erodono valori essenziali ad assicurare condizioni di vita dignitose, anche a causa della precarietà. Gli Stati – scrive il Comitato – devono stabilire misure positive per adempiere agli obblighi fissati nel Patto, in particolare in materia di equo compenso, nozione che non può essere statica perché legata a vari criteri e parametri. Proprio ai precari va garantito un compenso più alto e altre misure di tutela per mitigare l’assenza di una sicurezza circa il mantenimento del posto di lavoro.
Indispensabile, poi, la previsione del reddito minimo che deve essere assicurato ovunque al fine di garantire condizioni di vita decenti, rapportando il compenso al costo della vita del Paese ed evitando blocchi durante i periodi di crisi economica. Tra gli obblighi posti a carico degli Stati, la previsione di sanzioni penali o di altro genere per i datori di lavoro che violano le norme sulla sicurezza, sul divieto di molestie sessuali e sul divieto di discriminazione.
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