Spetta alle Sezioni Unite decidere se sia rilevabile d’ufficio il mancato rispetto dei parametri di legalità convenzionale da parte del giudice di appello che ribalta una sentenza di assoluzione in primo grado basandosi su una testimonianza cartolare. Con l’ordinanza n. 2259 depositata il 20 gennaio (2259), la Seconda sezione penale ha rimesso la questione, in ragione delle divergenze giurisprudenziali esistenti sulla possibile rilevabilità d’ufficio, alle Sezioni Unite. Oggetto del ricorso in Cassazione, una sentenza della Corte di appello di Brescia che aveva riformato la pronuncia di primo grado, con la quale il ricorrente era stato assolto, sulla base di una diversa valutazione circa l’attendibilità dei testimoni, senza una nuova escussione dei testi, basandosi così unicamente sul dato cartolare. In diverse occasioni, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha ritenuto iniquo il ribaltamento dell’assoluzione fondato sulla rivalutazione dell’attendibilità della testimonianza senza che i giudici sentissero nuovamente il teste, ammettendo solo in talune limitate circostanze la mancata audizione dei testimoni che, quindi, in via generale, risulta incompatibile con il diritto di difesa a meno che non sussistano esigenze di tutela della vittima o la condanna non sia basata anche su altri elementi. Ad avviso della Seconda sezione i dubbi principali riguardano non tanto l’uso della testimonianza, quanto l’operazione di “overturning” su un compendio probatorio deprivato rispetto a quello esaminato dai giudici di prima istanza. Strasburgo ritiene contraria alla Convenzione una simile prassi che porta a una condanna fondata su un minore numero di elementi rispetto a quelli esaminati dal giudice che ha disposto l’assoluzione. Tuttavia, poiché la questione del mancato rispetto dei parametri di legalità rispetto alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo non è stata sollevata nel ricorso alla Seconda sezione, quest’ultima ha deciso di chiedere alle Sezioni Unite di chiarire, anche tenendo conto delle divergenze giurisprudenziali sul punto, se la questione del mancato rispetto dei parametri di legalità convenzionale (in particolare l’articolo 6 riguardante il diritto di difesa) sia rilevabile d’ufficio.
Va sottolineato che nel ragionamento della Seconda sezione affiora, ancora una volta, il discutibile approdo della Corte costituzionale contenuto nella sentenza n. 49/2015 con la quale si ritiene che abbiano rilievo, rispetto a sentenze interne, unicamente gli orientamenti consolidati di Strasburgo o quelli provenienti dalla Grande Camera (si veda sul punto il post http://www.marinacastellaneta.it/blog/cedu-conforme-alla-convenzione-il-no-alla-ricerca-sugli-embrioni-previo-esaurimento-dei-ricorsi-interni-rispettato-anche-senza-il-ricorso-alla-consulta.html).
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