Le autorità nazionali devono consentire ai giornalisti l’accesso alle informazioni. Di conseguenza, se uno Stato impedisce a un cronista l’accesso in un centro di accoglienza per richiedenti asilo commette una violazione dell’articolo 10 della Convenzione dei diritti dell’uomo che tutela il diritto alla libertà di espressione. Lo ha chiarito la Corte europea con la sentenza depositata l’8 ottobre 2019, nel caso Szurovecz contro Ungheria (ricorso n. 15428/16,CASE OF SZUROVECZ v. HUNGARY ), che ha portato a una condanna di Budapest perché le autorità nazionali avevano impedito al cronista l’accesso al centro di accoglienza di Debrecen. Il giornalista, che lavorava per un portale di news, aveva presentato un’istanza chiedendo di entrare nel centro per un servizio sulle condizioni di vita dei richiedenti asilo. Malgrado tutte le assicurazioni sul rispetto della privacy dei richiedenti asilo, le autorità competenti avevano opposto un secco no. Anche il ricorso al tribunale amministrativo era stato dichiarato inammissibile e, quindi, al giornalista non è rimasto altro che rivolgersi alla Corte europea che ha accolto il ricorso. Prima di tutto, Strasburgo ha chiarito che un elemento essenziale della libertà di stampa è la possibilità per il giornalista di svolgere il suo lavoro accedendo alle informazioni perché, in caso contrario, il reporter non potrebbe compiere la sua funzione di “cane da guardia” della società. Certo, è legittimo intervenire per tutelare la privacy di ogni individuo ma, nel caso in esame, il giornalista aveva fornito ampie assicurazioni che avrebbe intervistato solo coloro che volevano parlare e avrebbe fotografato solo persone che fornivano un consenso scritto. Il no delle autorità nazionali ha privato la collettività di notizie di interesse generale come le condizioni di vita dei richiedenti asilo. La Corte europea, poi, ha respinto la difesa del Governo il quale sosteneva che il giornalista avrebbe potuto scrivere un articolo avvalendosi dei documenti delle organizzazioni non governative. E se le autorità nazionali non comprendono l’importanza del lavoro del giornalista, lo fa la Corte europea secondo la quale le alternative indicate dal Governo non possono essere paragonate al lavoro giornalistico svolto con notizie di prima mano, con un esame diretto delle condizioni di vita e un dialogo con i richiedenti asilo. Non solo. Non spetta alle autorità amministrative o giurisdizionali scegliere il metodo di lavoro del giornalista. Così, tenendo conto che l’Ungheria non ha considerato l’importanza della libertà di stampa, la necessità per il giornalista di fornire informazioni di interesse pubblico e della collettività di riceverle, soprattutto con riguardo a gruppi di persone vulnerabili, la Corte ha accertato la violazione dell’articolo 10 della Convenzione. Anche perché – osserva la Corte – le autorità nazionali non hanno preso in considerazione l’interesse pubblico della notizia, non compiendo un bilanciamento tra i diritti in gioco.
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