L’unicità dello status va garantita in tutti gli Stati membri per assicurare la piena attuazione dell’interesse superiore dei minori e l’universalità dei loro diritti anche quando si trovano in situazioni transfrontaliere, in linea con la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia del 1989, e delle stesse libertà previste dal Trattato UE. In questo modo potrà essere migliorata l’attuale situazione in cui circa due milioni di bambini si trovano in uno stato in cui il riconoscimento del loro diritto di soggiorno non è possibile.
Per raggiungere gli indicati obiettivi e superare gli ostacoli frapposti dagli Stati membri, la Commissione europea ha presentato una proposta di regolamento sulla competenza, la legge applicabile e il riconoscimento delle decisioni e l’accettazione di atti pubblici in materia di genitorialità e la creazione di un certificato europeo di genitorialità (COM(2022)695, Riconoscimento), funzionale a garantire il riconoscimento del rapporto di filiazione in ogni Stato membro, anche quando il rapporto genitoriale riguarda una coppia dello stesso sesso o è conseguenza della maternità surrogata. Il sistema si basa sulla circolazione di un certificato emesso dalle autorità di uno Stato membro con il quale è riconosciuto il rapporto di filiazione con i genitori dello stesso sesso. La proposta esclude l’armonizzazione delle legislazioni interne circa il concetto di famiglia e si focalizza sulle questioni transfrontaliere per assicurare diritti ai figli in tutto lo spazio Ue ed per evitare status claudicanti e discriminazioni soprattutto in materia di libera circolazione, di diritti successori, di obbligazioni alimentari. Nella proposta è trattata la questione dell’individuazione del giudice competente, della legge applicabile e del riconoscimento del rapporto di filiazione, anche al fine di garantire la certezza del diritto sia sul fronte dell’individuazione del giudice competente sia per stabilire la legge da applicare. La proposta ha il suo fondamento su un principio, anche elementare, ma contestato da Paesi come Ungheria e Polonia, ossia che tutti i bambini hanno gli stessi diritti a prescindere dal modo in cui sono stati concepiti o nati o del tipo di famiglia del bambino. Di qui la decisione di includere il riconoscimento della genitorialità di un bambino con genitori dello stesso sesso e di bambini adottati in uno Stato membro secondo regole specifiche di quello Stato. Per non allarmare troppi i Paesi che mostrano di non essere in sintonia con i cambiamenti della realtà sociale e con i diritti dell’uomo già assicurati nel contesto della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, come interpretata dalla Corte di Strasburgo (che è ampiamente richiamata nella proposta di regolamento), la Commissione ha chiarito che la proposta non pregiudica la competenza degli Stati membri ad adottare norme sostanziali in materia di diritto di famiglia e a disciplinare le questioni sull’accertamento della filiazione in casi privi di elementi di transnazionalità.
La strada è in salita perché il testo passa al Parlamento e al Consiglio che dovrà approvarlo all’unanimità secondo quanto previsto dall’articolo 81, par. 3 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea.
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