E’ stata pubblicata la quarta direttiva Ue sulla lotta al riciclaggio che consentirà una più efficace tracciabilità dei soldi e che permetterà di allineare la normativa Ue alle raccomandazioni del Gruppo di azione finanziaria internazionale (GAFI). La direttiva 2015/849 del 20 maggio 2015 relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a fini di riciclaggio o finanziamento del terrorismo, che modifica il regolamento (UE) n. 648/2012 e che abroga la direttiva 2005/60/CE e la 2006/70/CE, dovrà essere recepita entro il 26 giugno 2017 (riciclaggio). Oltre alla direttiva è stato pubblicato il regolamento n. 2015/847 del 20 maggio 2015 riguardante i dati informativi che accompagnano i trasferimenti di fondi e che abroga il regolamento (CE) n. 1781/2006 sul trasferimento dei fondi (fondi). Con le nuove regole cambierà anche il quadro dell’ordinamento italiano con modifiche al Dlgs n. 231/2007 con il quale è stata recepita la direttiva 2005/60, che andrà in soffitta. Gli interventi di restyling dell’Unione sono stati dovuti anche da quanto è risultato dal documento di lavoro (130205_impact-assessment_en) che ha guidato la Commissione nell’adozione della proposta di direttiva, che ha mostrato un’eccessiva diversificazione nell’applicazione di sanzioni amministrative, con i Paesi Bassi che arrivano a prevedere multe fino a 4 milioni di euro e l’Italia che si ferma a quota 50.000.
Tra le novità più significative introdotte con la nuova direttiva l’obbligo, per gli Stati, di prevedere registri centrali (fortemente voluti dall’europarlamento) in ogni Paese Ue, che dovranno essere accessibili non solo alle autorità competenti, ma anche a coloro che hanno un interesse legittimo, come i giornalisti investigativi. In base alle nuove regole, quindi, le autorità e le unità di informazione finanziaria, nonché i soggetti obbligati come le banche, nel quadro dell’adeguata verifica della clientela a norma del capo II, potranno accedere ai registri senza alcun limite, mentre il pubblico dovrà dimostrare un legittimo interesse, con la possibilità, per gli Stati, di imporre una forma di registrazione online al richiedente e l’applicazione di un importo per i costi amministrativi. Per i trust l’accesso è limitato solo alle autorità e ai soggetti obbligati. Tra questi ultimi, la quarta direttiva ha inserito anche i prestatori di servizi di gioco d’azzardo per importi pari o superiori a 2mila euro.
La nuova direttiva richiede che gli Stati applichino sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive. In particolare, come sanzioni minime, per lo meno nel caso di violazioni gravi, reiterate, sistematiche o che presentano una combinazione di tali caratteristiche, commesse dai soggetti obbligati, l’applicazione dell’interdizione temporanea dall’esercizio di funzioni dirigenziali per le persone con compiti direttivi in un soggetto obbligato ritenute responsabili della violazione, o per qualsiasi altra persona fisica. Per quanto riguarda le sanzioni amministrative pecuniarie, è previsto che quelle massime siano pari almeno al doppio dell’importo dei profitti ricavati grazie alla violazione, quando tale importo può essere determinato o pari almeno a 1 milione di euro. Se il soggetto obbligato è un ente creditizio o un istituto finanziario dovranno essere applicate sanzioni amministrative pecuniarie massime pari almeno a 5milioni o al 10% del fatturato complessivo annuo in base agli ultimi bilanci disponibili, approvati dall’organo di gestione. Nell’ipotesi in cui il soggetto obbligato sia un’impresa madre o una filiale di un’impresa madre che è tenuta a preparare bilanci finanziari consolidati, il fatturato da considerare è quello complessivo annuo, o il tipo di reddito corrispondente, risultante negli ultimi bilanci consolidati, approvati dall’organo di gestione dell’impresa madre apicale. Gli Stati membri possono decidere di non prevedere norme in materia di sanzioni o misure amministrative per violazioni che sono già soggette a sanzioni penali nel diritto nazionale.
Di particolare rilievo anche l’individuazione delle persone “politicamente esposte” che hanno un rischio di corruzione più elevato rispetto alla norma in ragione della posizione politica occupata. In questo caso sono previsti obblighi più stringenti sull’origine del patrimonio e sui fondi impiegati.
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