La Prima sezione civile della Corte di cassazione, con ordinanza n. 15096 del 17 luglio (15096_07_15), ha sottoposto alla Corte di giustizia dell’Unione europea una questione pregiudiziale sulla direttiva 95/46 relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione dei dati, recepita in Italia con Dlgs n. 196/2003 (“Codice in materia di protezione dei dati personali”). In particolare, la Suprema Corte chiede un chiarimento sul rapporto tra quanto stabilito dall’articolo 6 della citata direttiva, che prevede la conservazione dei dati personali solo per il tempo strettamente necessario al conseguimento delle finalità per cui i dati sono trattati e la direttiva 68/151 “intesa a coordinare, per renderle equivalenti, le garanzie che sono richieste, negli Stati membri, alle società a mente dell’articolo 58, secondo comma, del trattato per proteggere gli interessi dei soci e dei terzi” (attuata con l’articolo 2188 del codice civile e con la legge n. 580/1993) che prevede la pubblicità nel registro delle imprese e non pone limiti di carattere temporale. La richiesta di cancellazione dei dati era al centro di una controversia tra un imprenditore e una Camera di commercio in relazione al mantenimento dei dati, anche attinenti al fallimento, nel registro.
La Corte di Cassazione sembra propendere per una soluzione favorevole al mantenimento dei dati nel registro delle imprese, anche tenendo conto dell’importanza delle informazioni nella vita economica e che il Garante sulla privacy ha ritenuto conforme alla normativa sulla privacy il mantenimento dei dati nei registri delle imprese. Tuttavia, tenendo conto dei problemi di coordinamento tra le due direttive e delle recenti questioni legate al diritto all’oblio, la Corte di cassazione ha correttamente deciso di sospendere il procedimento e attendere la pronuncia della Corte Ue.
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