La comunità internazionale ha fatto molti passi avanti per provare ad arginare i crimini di violenza sessuale contro le donne durante i conflitti armati, anche attraverso numerose risoluzioni del Consiglio di sicurezza e gli atti dell’Assemblea generale, come la Dichiarazione per mettere fine alla violenza sessuale nei conflitti, supportata da 156 Stati, ma vanno adottati nuovi strumenti per prevenire e assicurare alla giustizia gli autori di crimini sessuali. Sono ancora troppi i casi di violenza sessuale nei conflitti che non vengono documentati. In questa direzione, il Regno Unito, nel corso della Conferenza internazionale relativa all’iniziativa sulla prevenzione della violenza sessuale nei conflitti (PSVI), tenutasi a Londra il 28 e il 29 novembre, ha adottato una Dichiarazione politica con l’obiettivo di rafforzare l’impegno degli Stati nella tutela delle vittime (PSVI-political-declaration). La Dichiarazione è stata approvata da oltre 50 Stati, inclusa l’Italia.
Nel corso della conferenza, inoltre, 40 Stati hanno presentato le pratiche migliori predisposte a livello nazionale, anche per raccogliere le testimonianze delle vittime e gli strumenti per evitare la loro stigmatizzazione (Stati). Tra gli altri, la Nigeria si è impegnata a sostenere il Codice Murad promosso dal Regno Unito per fare in modo che le testimonianze delle sopravvissute alle violenze siano documentate in modo etico ed efficace. Gli Stati Uniti hanno adottato un memorandum (Presidential Memorandum) per prevedere sanzioni economiche e altre restrizioni nei confronti degli autori delle violenze e impedire i troppi casi di impunità, in particolare a seguito dell’invasione russa all’Ucraina e in Etiopia. L’Italia non ha illustrato alcuna prassi o intervento statale.
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