Presentata la Relazione annuale sullo stato di esecuzione delle pronunce della Corte europea dei diritti dell’uomo rese nei confronti dell’Italia (relazione2019). Un appuntamento fisso, stabilito con la legge 9 gennaio 2006 n. 12, che permette al Parlamento di avere un quadro sulle inadempienze dell’Italia e sulla necessità di modifiche legislative alle quali, però, non sempre si dà seguito. Nella Relazione redatta dal Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio dei ministri (ufficio contenzioso, per la consulenza giuridica e per i rapporti con la Corte europea dei diritti dell’uomo) è evidenziata la diminuzione degli importi liquidati per gli indennizzi dovuti all’accertamento di violazioni a seguito di sentenze di Strasburgo o per decisioni dovute a un regolamento amichevole o a dichiarazioni unilaterali. Nel 2019, l’Italia ha versato 10.052.079,18 (quasi la metà degli importi è dovuta ad esecuzione di pronunce anteriori al 2018, segno che il Governo non rispetta i termini per l’attuazione delle pronunce), in diminuzione rispetto ai 18 milioni del 2018. Resta molto alto, però, il numero di ricorsi pendenti che al 31 dicembre 2019 era di 3.050, con ben 2.469 dovuti alla durata dei processi interni o alla mancata applicazione delle decisioni pronunciate in base alla legge Pinto, situazione che mostra un corto circuito nel sistema interno che dovrebbe servire a indennizzare le vittime di processi troppo lunghi. Non mancano, poi, ricorsi su questioni particolarmente rilevanti come quelli sulle procedure esecutive pendenti nel momento in cui un ente locale debitore dichiara il suo dissesto e i ricorsi sulle leggi retroattive che coinvolgono il personale ausiliario, tecnico e amministrativo (ATA). Diversi i ricorsi in materia familiare (soprattutto su minori), alcuni dei quali riguardano il rifiuto delle autorità italiane di registrare matrimoni tra persone dello stesso sesso contratti all’estero. Un caso vede al centro una donna vittima di violenza che ha presentato ricorso perché, a suo avviso, le sarebbe stata negata adeguata protezione e sarebbe stata oggetto di vittimizzazione secondaria. Sempre in attesa di giustizia le vittime degli effetti di emissioni nocive delle acciaierie Ilva di Taranto (due ricorsi pendenti con pluralità di ricorrenti). L’Italia “alla sbarra” anche per il ricorso di Carola Rackete che accusa Roma di violazione degli articoli 2 (diritto alla vita) e 3 (proibizione della tortura).
Per quanto riguarda il piano interno, le azioni di rivalsa continuano ad arrancare: nel 2019 sono stati avviati solo 6 procedimenti a fronte dei 15 del 2018 e dei 37 del 2017, per un importo complessivo di 1.900.199,88 euro.
Analizzate le sentenze e le decisioni rese nei confronti dell’Italia, nonché i provvedimenti adottati per l’esecuzione effettiva delle sentenze, nella relazione è approfondito il ruolo della Convenzione europea nella giurisprudenza della Corte costituzionale, le questioni di legittimità sollevate nel 2019 e l’applicazione della prassi giurisprudenziale di Strasburgo nella giurisprudenza della Corte di Cassazione.
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