Protezione sociale universale e cambiamenti climatici in un rapporto dell’Organizzazione internazionale del lavoro

Protezione sociale da rafforzare in tutto il mondo anche per garantire un’equa transizione ecologica. Lo chiede l’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) nel rapporto intitolato “World Social Protection Report 2024-26”, pubblicato il 12 settembre (ILO – WSPR_2024) con il quale l’OIL fa il punto su passi avanti e arretramenti nelle misure di protezione sociale adottate dagli Stati a partire dal 2015, per individuare i cambiamenti necessari anche al fine di raggiungere gli obiettivi fissati nell’Agenda 2030 sullo Sviluppo sostenibile. Nel rapporto, costituito da cinque capitoli e 8 allegati, si parte da un dato positivo perché, per la prima volta, è stato accertato che più della metà della popolazione mondiale pari al 52,4% beneficia di misure di protezione sociale, con un aumento rispetto alla percentuale del 42,8% registrata nel 2015. Detto questo, però, l’Organizzazione internazionale del lavoro constata i vuoti nel contesto della protezione sociale in molte parti del mondo: nei 50 Paesi più vulnerabili al clima circa il 75% della popolazione (che vuol dire 2,1 miliardi di persone) non beneficia di alcuna protezione sociale. Colpite in particolare le persone più vulnerabili come i minori e le donne che hanno un copertura effettiva inferiore a quella degli uomini.

La crisi climatica – si osserva nel rapporto – è una minaccia alla giustizia sociale e, di conseguenza, è necessario intervenire per rafforzare gli strumenti di protezione sociale tenendo conto che proprio questi strumenti consentono di fronteggiare le conseguenze legate al clima. Inoltre, tali strumenti consentono una protezione di lavoratori e famiglie nel contesto della transizione verde, ma sono necessari investimenti che spesso gli Stati non sono disposti a garantire. Basta guardare i numeri: in media, gli Stati destinano solo il 12,9% del prodotto interno lordo alla protezione sociale (non è inclusa la sanità), ma con grandi differenze perché se i Paesi ad alto reddito impegnano una media del 16,2%, i Paesi a basso reddito assegnano solo l’0,8% del PIL alla protezione sociale, malgrado proprio tali Paesi siano i più vulnerabili ai cambiamenti climatici.

Nel rapporto, per garantire il rispetto di atti internazionali come il Patto sui diritti economici, sociali e culturali e dei trattati adottati nel contesto dell’Organizzazione internazionale del lavoro, sono riportate alcune raccomandazioni. In particolare, l’OIL chiede l’adozione di sistemi di protezione sociale ex ante assicurando una preparazione ai rischi “normali” e l’utilizzo della protezione sociale per “sostenere gli sforzi di mitigazione e adattamento al cambiamento climatico e garantire il sostegno dell’opinione pubblica a queste misure”.

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