Protezione delle fonti accordata solo se sono fornite notizie di interesse per la collettività

La Corte europea dei diritti dell’uomo, con decisione depositata il 27 maggio (STICHTING OSTADE BLADE v. THE NETHERLANDS, ricorso n. 8406/06) è intervenuta a chiarire il perimetro entro il quale è possibile accordare una protezione alla confidenzialità delle fonti giornalistiche. Malgrado una decisione contraria al ricorrente, la Corte, però, distinguendo tra fonti giornalistiche e altre fonti accorda un rafforzamento alla libertà di stampa. Questi i fatti. Una fondazione olandese, impegnata nella tutela dell’ambiente e responsabile della pubblicazione di un magazine, aveva divulgato un comunicato stampa nel quale annunciava l’uscita, il giorno successivo, di una lettera dell’Earth Liberation Front in cui l’organizzazione si assumeva la responsabilità di alcuni attacchi con bombe a una compagnia chimica. Su decisione dell’autorità giudiziaria olandese erano stati perquisiti gli uffici della redazione proprio con l’obiettivo di ritrovare la lettera. Erano stati sequestrati anche computer, agende e archivi. La fondazione, in quanto editore della rivista, aveva fatto ricorso ai giudici nazionali che, però, le aveva dato torto. Di qui il ricorso alla Corte europea che, questa volta, non ha ritenuto violato, da parte dello Stato in causa, l’articolo 10 della Convenzione europea che assicura il diritto alla libertà di espressione. E la Corte lo ha fatto con un ragionamento che porta a confermare la tendenza di Strasburgo ad accordare una massima tutela ai giornalisti che forniscono notizie di interesse generale differenziandoli rispetto a ogni altro soggetto che esercita il diritto alla libertà di espressione. In particolare, la Corte ha precisato che non ogni individuo utilizzato da un giornalista per un’informazione può essere qualificato come “fonte” ai sensi della prassi giurisprudenziale della Cedu a tutela delle fonti. Il caso di specie non rientra, per Strasburgo, in una vicenda relativa alla tutela delle fonti dei giornalisti perché l’individuo che aveva fornito la lettera non aveva come fine quello di fornire un’informazione di interesse pubblico, bensì un interesse personale, inclusa la ricerca di pubblicità attraverso la stampa. Di qui la decisione della Corte di non accordare la tutela e ritenere giustificata l’ingerenza delle autorità nazionali che stavano investigando su un reato grave e, attraverso le misure in discussione, potevano arrivare all’individuazione dei responsabili.

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