Presentata la relazione sull’esecuzione delle sentenze CEDU da parte dell’Italia – Report on the implementation of the ECHR Judgments by Italy

Diminuiscono le pendenze dei casi italiani dinanzi alla Corte europea dei diritti dell’uomo, che passano da 6.180 casi del 2016 ai 4.665 del 2018 (-13,2%). L’Italia, in ogni caso, continua a pesare sul carico di lavoro della Corte di Strasburgo considerato che è al quinto posto nella classifica degli Stati con il maggior numero di ricorsi e che il carico italiano rappresenta il 7% del totale. In vetta c’è la Russia (11.745), seguita dalla Romania (8.503), dall’Ucraina (7.267) e dalla Turchia (7.107). Sono questi i numeri “snocciolati” dalla relazione annuale sull’esecuzione delle pronunce della Corte europea dei diritti dell’uomo nei confronti dell’Italia presentata l’8 gennaio 2020, con riferimento al 2018 (Relazione_2018), dal Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio dei ministri (ufficio contenzioso, per la consulenza giuridica e per i rapporti con la Corte europea dei diritti dell’uomo). Dal documento, risulta che l’Italia migliora la posizione anche per numero di condanne, con 11 sentenze (nel 2017 erano state 28) e si colloca al settimo posto preceduta da Russia (248), Turchia (146), Ucraina (91), Romania (82), Ungheria (38), Grecia (35), Moldavia (33), Lituania (32) e Bulgaria (29). L’accertamento delle violazioni ha riguardato l’articolo 3 (divieto di tortura e trattamenti disumani o degradanti, con 2 violazioni), l’articolo 6 (diritto all’equo processo, con 5 condanne), il principio nulla poena sine legge (articolo 7, con 1 violazione), il diritto al rispetto della vita privata e familiare (articolo 8, con 4 violazioni), il diritto di proprietà (articolo 1, Protocollo n. 1, con 3 violazioni), il diritto alla tutela giurisdizionale effettiva (articolo 13, 1 violazione). E’ aumentato in modo sensibile, invece, il numero di decisioni di carattere procedurale nei confronti dell’Italia, che passa dalle 49 del 2017 alle 94 nel 2018. Ben 70 decisioni hanno avuto al centro la radiazione dal ruolo dei ricorsi perché è stato raggiunto un regolamento amichevole tra le parti o perché vi è stata una dichiarazione unilaterale del Governo accettata dalla Corte.

Veniamo agli indennizzi. Nel 2018 sono stati liquidati indennizzi per un importo pari a 18.757.011,86 milioni di euro, in aumento rispetto al 2017 (4.565.325,93 ), un incremento dovuto soprattutto alla conclusione del contenzioso in via transattiva, utilizzato dall’Italia per evitare condanne da parte della Corte di starsburgo.

Per quanto riguarda la tipologia di ricorsi pendenti che interessano l’Italia, al vertice, con 1.200 ricorsi, i casi relativi alla durata del processo o alla mancata applicazione della legge Pinto. Anche in questo campo, però, l’Italia migliora tenendo conto che nel 2015 pendevano 8.050 ricorsi mentre, alla fine del 2018, 1.200. Tuttavia, come sottolineato nella relazione, c’è il rischio, dopo la sentenza della Corte costituzionale n. 88 del 2018 che ha dichiarato illegittimo l’articolo 4 della legge n. 89 del 2001, nella parte “in cui preclude la proposizione della domanda di equa riparazione in pendenza del procedimento nel cui ambito la violazione della durata ragionevole si assume essersi verificata”, di nuovi e numerosi ricorsi a Strasburgo. Non mancano i ricorsi in materia di confisca urbanistica. Si sono aperti, poi, nuovi fronti di contenzioso. Basti considerare i ricorsi di alcuni operatori economici del settore delle energie rinnovabili, a seguito delle modifiche normative al sistema di accesso agli incentivi pubblici per le imprese di installazione di impianti voltovoltaici, introdotte con il decreto legislativo n. 387/2003, la cui portata retroattiva è stata prevista con appositi decreti. Alcuni ricorsi contro l’Italia sono stati comunicati dalla Cancelleria della Corte al Governo il 16 aprile 2018.

Stentano ancora a decollare le azioni di rivalsa. Nel 2018 sono stati attivati 15 procedimenti di rivalsa in diminuzione rispetto ai 37 del 2017. “In due casi – si legge nella relazione – gli enti territoriali hanno manifestato la disponibilità al raggiungimento dell’intesa, la cui procedura è attualmente in corso, per un importo totale dovuto di euro 526.500,00”, mentre in 9 casi l’accordo è stato già raggiunto.

La relazione prosegue con l’esame dell’esecuzione delle sentenze da parte dell’Italia e del monitoraggio del Comitato dei ministri. Di particolare utilità, anche per un aggiornamento sugli sviluppi più recenti, l’esame dell’adeguamento italiano ai principi fissati dalla Corte europea nella giurisprudenza della Corte costituzionale e della Corte di Cassazione.

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