Sono 62mila i ricorsi ancora pendenti dinanzi alla Corte europea dei diritti dell’uomo, con un incremento del 22% rispetto al 2019 (59.800). Il maggior numero di ricorsi pendenti riguardano la Russia, la Turchia (che segna un più 27% rispetto al 2019), l’Ucraina, la Romania e l’Italia (che segna 3.469 ricorsi pendenti, il 5,5% del totale). Nel 2020, inoltre, l’Italia è stata destinataria di 17 sentenze: 14 di “condanna” (cinque sull’articolo 6 relativo all’equità del processo e quattro per l’articolo 5 sul diritto alla libertà e alla sicurezza) e tre di “assoluzione”. E’ quanto risulta dalla relazione annuale presentata il 28 gennaio 2021 con riguardo all’attività della Corte di Strasburgo nel 2020, che chiude un anno difficile, in cui i diritti umani sono stati messi a rischio anche a causa degli effetti delle restrizioni dovute alla pandemia (Annual_report_2020, Stats_analysis_2020). E, per il primo anno dall’inizio delle sue attività, la Corte europea ha dovuto attivare lo svolgimento dei procedimenti da remoto, assicurando così il pieno funzionamento delle proprie attività.
Vediamo i dati. Nel 2020 sono stati presentati più di 37mila ricorsi (il 3% in meno rispetto al 2019). Ben 32.232 ricorsi sono stati dichiarati irricevibili. Le sentenze sono state 871 (884 nel 2019). Il numero più alto di pronunce, nel complesso, ha riguardato l’articolo 6 (equo processo), il diritto alla libertà e sicurezza (articolo 5), il divieto di trattamenti inumani o degradanti (articolo 3), 122 il diritto di proprietà (articolo 1 del Protocollo n. 1), 85 l’articolo 2 sul diritto alla vita e 85 il diritto a un rimedio giurisdizionale effettivo (articolo 13). Tra il 2017 e il 2020 i ricorsi italiani attribuiti a una formazione giurisdizionale della Corte sono aumentati: erano 1.374 nel 2017, 1.692 nel 2018, 1.454 nel 2019, per arrivare a 1.497 nel 2020.
Molte le sentenze significative che hanno toccato anche questioni nuove: così, il dramma della violenza domestica ha portato la Corte europea a pronunciarsi, con la sentenza dell’11 febbraio 2020, Buturuga contro Romania (ricorso n. 56867/15), sul cyberbullismo e sugli obblighi positivi degli Stati nella protezione dei minori nei casi di maltrattamenti da parte dei genitori. Inoltre, per la prima volta – si legge nella relazione annuale – la Grande Camera ha affrontato la questione dell’applicabilità dell’articolo 4 (divieto di schiavitù e di lavori forzati) ai casi di traffico di donne e sfruttamento della prostituzione (S.M. contro Croazia, sentenza del 25 giugno 2020, ricorso n. 60561/14). Ormai pienamente operativo il Protocollo n. 16, con la Grande Camera che continua a ricevere richieste di pareri.
Aggiungi un commento