E’ stata pubblicata, in ritardo rispetto ai tempi previsti, la relazione annuale sull’esecuzione delle pronunce della Corte europea dei diritti dell’uomo nei confronti dell’Italia presentata il 27 dicembre 2018, con riferimento al 2017 (Relazione_2018), dal Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio dei ministri (ufficio contenzioso, per la consulenza giuridica e per i rapporti con la Corte europea dei diritti dell’uomo). Tra i dati positivi, la diminuzione delle somme che l’Italia è stata tenuta a versare alle vittime di violazioni della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali accertate da Strasburgo. Da 77 milioni di euro corrisposti nel 2015, l’Italia è scesa a 4,5 milioni nel 2017 che, tradotto in percentuale, vuol dire –94,08% rispetto al 2015 e -71,22% con riferimento al 2016, anno nel quale il Governo ha dovuto versare quasi 16 milioni. Un dato che, però, non implica un più alto tasso di adempimento degli obblighi convenzionali. Dinanzi alla Corte pendono procedimenti di grande rilievo come il ricorso di 182 ricorrenti per l’inquinamento provocato dall’Ilva di Taranto (sentenza prevista il 24 gennaio), 5 ricorsi per l’accoglienza a minori stranieri non accompagnati, il ricorso del giornalista Sallusti, con l’Italia sul banco degli imputati perché tra i pochi Paesi a prevedere pene detentive in caso di diffamazione a mezzo stampa, aspetto sul quale Roma continua a non intervenire.
Dalla relazione annuale risulta, poi, che l’Italia, nel 2017 ha utilizzato, su larga scala, gli istituti del regolamento amichevole e delle dichiarazioni unilaterali evitando così accertamenti giurisdizionali delle violazioni con possibili sentenze di condanna. Nel triennio 2015-2017, infatti, l’Italia risulta al primo posto con 2.681 dichiarazioni unilaterali e all’ottavo per i regolamenti amichevoli (324).
Nella relazione di quest’anno, largo spazio anche all’esame dell’incidenza della Convenzione europea – strumento vivente proprio grazie all’interpretazione fornita dai giudici internazionali – sia sulla giurisprudenza della Corte costituzionale sia sull’attività della Corte di Cassazione. Di particolare utilità, la ricostruzione del contenzioso, delle sentenze già emesse e delle riforme adottate dal legislatore italiano per assicurare la compliance alla Convenzione.
Arranca ancora, invece, l’istituto della rivalsa attuata dal Governo nei confronti degli enti interessati. Malgrado le modifiche introdotte sul piano legislativo con legge n. 208/2015, del comma 9-bis dell’articolo 43 della 234/2012 e l’adozione di due accordi sui criteri per la rateizzazione del debito degli enti territoriali, “permane il contrasto di posizioni sulla responsabilità della violazione accertata dalla Corte europea e della conseguente imputabilità della relativa “sanzione”. Ostacoli che – si legge nella relazione – non sono stati superati neanche con la sentenza della Corte costituzionale n. 219/2016.
Nel 2017 sono state concluse, con decreto ministeriale, 12 procedure (erano solo 3 nel 2016, con un incremento del 300 per cento) che hanno portato a un recupero di 1,6 milioni di euro a fronte dei 400mila euro nel 2016. Diminuiscono le azioni di rivalsa attivate dal Ministero dell’economia: 37 nel 2017 a fronte delle 65 del 2016. Per 5 sentenze di condanna gli enti interessati hanno proceduto spontaneamente al pagamento dell’indennizzo versato dallo Stato e, in 8 casi, gli enti hanno dichiarato la disponibilità a raggiungere un’intesa. In base ai dati, è ancora basso il livello di adesione o di adempimento spontaneo da parte degli enti interessati e, quindi, l’esecuzione da parte dello Stato “continua a generare un’alta conflittualità giudiziaria, sia nelle forme dell’impugnazione dei citati provvedimenti esecutivi che dell’opposizione alla cartella esattoriale relativa al credito iscritto a ruolo”.
Aggiungi un commento