Il mandato di arresto europeo non può essere utilizzato per finalità investigative, non previste dalla decisione quadro 2002/584 recante disposizioni in materia di mandato di arresto europeo e di procedure di consegna tra Stati membri (poi modificata dalla n. 2009/299/GAI, recepita con legge n. 69/2005, modificata dal decreto legislativo n. 10 del 2 febbraio 2021). È la Corte di Cassazione, sezione feriale penale, ad affermarlo con la sentenza n. 32999 depositata il 22 agosto (32999) a seguito del ricorso di un cittadino italiano nei confronti del quale la Corte di appello di Venezia aveva disposto la consegna alle autorità giudiziarie croate nell’ambito di un procedimento penale per reati fiscali e contributivi. La Suprema Corte ha annullato l’ordinanza impugnata chiarendo che l’articolo 1 della decisione quadro “non contempla un mandato di arresto europeo strumentale ad esigenze meramente investigative, dovendo lo stesso pur sempre essere finalizzato all’esercizio dell’azione penale”. Pertanto, lo strumento del mandato di arresto europeo va escluso quando è funzionale allo svolgimento di atti di istruzione come interrogatori e confronti. È vero che, in altre occasioni, la stessa Cassazione ha ritenuto legittima la consegna per consentire un interrogatorio o un confronto ma, in quei casi, gli “atti istruttori da compiere erano specificamente individuati, determinati ab origine, e non assolutamente indeterminati, come nel caso di specie”. Inoltre, per la Suprema Corte è necessaria una comparazione “dei più risalenti principi con gli strumenti che realizzano la finalità della collaborazione fra Stati” come la direttiva 2014/41/UE sull’ordine europeo di indagine. Proprio tale ultimo strumento, adottato successivamente alla decisione quadro sul mandato di arresto europeo, consente oggi di applicare i due diversi strumenti Ue a seconda dei casi in cui il trasferimento sia temporaneo per lo svolgimento di un’audizione rispetto ai casi in cui la persona interessata debba “essere trasferita in un altro Stato membro ai fini di un procedimento penale, anche per comparire dinanzi a un organo giurisdizionale per essere processata”, situazione che comporta l’applicazione della decisione sul mandato di arresto europeo. L’analisi del quadro normativo e la comparazione dei due atti Ue porta la Cassazione a concludere nel senso che il mandato di arresto europeo “non possa essere ammesso esclusivamente per finalità investigative, disancorate dall’esercizio dell’azione penale nello Stato richiedente, in quanto per il perseguimento delle legittime finalità investigative sono previsti strumenti alternativi della cooperazione europea nello spazio giuridico comune”. Adesso la parola alla Corte di appello di Venezia per un nuovo esame.
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