I dazi compensativi posti dall’Unione europea nei confronti delle auto elettriche prodotte in Cina finiscono sotto i riflettori dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC, World Trade Organisation, WTO). La Cina, infatti, il 4 novembre (WT/DS630/1, WTO Cina) ha depositato un ricorso al Dispute Settlement Body contro l’Unione europea contestando il rispetto, da parte di Bruxelles, delle regole del commercio internazionale in ragione dei dazi, che partono dal 7,8% per arrivare fino a 35,3%, che si aggiungono al prelievo del 10% già esistente. Il ricorso copre anche ogni altra misura che l’Unione europea prenderà in quest’ambito. Le misure sono state decise dall’Unione europea che contesta le sovvenzioni eccessive elargite da Pechino alle aziende che producono auto in Cina, con la conseguenza che l’Unione europea rischia di essere sommersa da auto “cinesi” vendute a prezzi artificialmente bassi, con inevitabili conseguenze dannose per la produzione nell’Unione europea. La Cina ha messo sotto accusa il regolamento di esecuzione della Commissione 2024/2754, del 29 ottobre 2024, che istituisce un dazio compensativo definitivo sulle importazioni di veicoli elettrici a batteria nuovi, concepiti per il trasporto di persone, originari della Repubblica popolare cinese, nonché il regolamento di esecuzione (UE) 2024/1866 della Commissione, del 3 luglio 2024, che istituisce un dazio compensativo provvisorio sulle importazioni di veicoli elettrici a batteria nuovi, concepiti per il trasporto di persone, originari della Repubblica popolare cinese.
Nel suo ricorso, la Cina ha anche invocato l’importanza della transizione ecologica (sì, proprio la Cina) e ha accusato l’Unione europea di protezionismo commerciale. In ogni caso, Pechino, malgrado l’azione dinanzi all’OMC, ha già adottato delle misure contro i prodotti provenienti dall’Unione europea.
Il procedimento dinanzi all’OMC è destinato a durare a lungo: dopo una fase di consultazione, se le parti non raggiungono una soluzione entro 60 giorni, su richiesta di una delle parti, viene istituito un panel di esperti indipendenti che valuterà gli aspetti giuridici del caso. Il “verdetto”, con il quale si accerta la violazione delle regole dell’Organizzazione mondiale del commercio, è poi impugnabile dinanzi all’organo di appello (Appellate Body) che, però, non è operativo a causa del mancato accordo sulla sostituzione dei membri che erano giunti al termine del mandato.
Per un approfondimento del sistema si veda il documento dell’House of Commons (CBP-9942).
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