Pratiche commerciali ingannevoli senza obbligo di dimostrare l’assenza di diligenza professionale

L’agenzia di viaggio che propone, in una brochure pubblicitaria, corsi di sci e settimane bianche in esclusiva senza che ciò corrisponda alla realtà incorre in una pratica commerciale sleale perché ingannevole anche se ha agito con diligenza professionale. Lo ha stabilito la Corte di giustizia dell’Unione europea nella sentenza depositata oggi (C-435/11, pratiche ingannevoli) con la quale Lussemburgo ha garantito ampia tutela al consumatore in pratica ammettendo una responsabilità oggettiva di colui che fornisce beni e servizi se diffonde informazioni non veritiere. La vicenda pregiudiziale è arrivata a Lussemburgo su rinvio della Corte di cassazione austriaca alle prese con l’applicazione della direttiva 2005/29/Ce sulle pratiche commerciali sleali delle imprese nei confronti dei consumatori nel mercato interno (recepita in Italia con Dlgs 2 agosto 2007 n. 146). Un’agenzia di viaggi austriaca aveva pubblicizzato settimane bianche in alberghi in esclusiva, a seguito della conclusione di un accordo con le strutture alberghiere. Tuttavia, queste ultime non avevano rispettato l’esclusiva e avevano concesso identiche disponibilità a un’altra agenzia che si è rivolta ai giudici austriaci chiedendo di proibire la pubblicità dell’esclusiva all’agenzia concorrente. I giudici di merito avevano dato torto alla ricorrente sostenendo che non si configurava alcuna pratica commerciale sleale considerando che la società aveva agito con la diligenza professionale dovuta. Di diverso avviso la Corte di giustizia secondo la quale la sussistenza di una pratica commerciale sleale prescinde dalla verifica del rispetto delle regole di diligenza professionale. In caso contrario – osserva la Corte – vi sarebbe un’attenuazione della tutela del consumatore dalle pratiche ingannevoli. Per l’articolo 6 della direttiva – osserva la Corte – una pratica commerciale è ingannevole se contiene informazioni false o se nella sua presentazione complessiva inganni o possa ingannare il consumatore medio, senza che abbia rilievo la diligenza professionale dell’imprenditore che è invece presa in considerazione, in termini generali, dall’articolo 5, par. 2, lett. a della direttiva.

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