Un pasticcio senza fine. Con due Paesi, Italia e India, che in pochi giorni hanno fatto a pezzi le regole di diritto internazionale. E che provano, inutilmente, a giustificare il proprio comportamento. Da un lato, la decisione improvvisa del Governo italiano, che aveva fatto dello stile ritrovato una bandiera (salvo poi buttare tutto a mare), di non rispettare l’impegno preso dinanzi alla Corte suprema indiana e di non far rientrare in India i due fucilieri italiani in permesso premio per ragioni elettorali, accolti trionfalmente all’arrivo in patria malgrado il procedimento penale in corso. Con un messaggio di sottofondo – ma neanche troppo – pericoloso: è l’esecutivo a decidere se ci si può sottrarre alla giustizia esercitata da giudici di uno Stato estero con il quale fino a pochi giorni fa l’Italia stessa ha stipulato accordi internazionali proprio nella cooperazione giudiziaria penale. Non va dimenticato, infatti, che il 10 agosto 2012, l’Italia ha concluso un accordo con New Delhi sul trasferimento delle persone condannate, dandovi esecuzione con legge 26 ottobre 2012 n. 183, evidentemente ritenendo l’India un Paese che assicura il rispetto dei diritti umani, incluso l’equo processo. Adesso, però, il Ministro degli esteri, per giustificare il grave inadempimento, tira in ballo anche la Costituzione http://www.esteri.it/MAE/IT/Sala_Stampa/ArchivioNotizie/Comunicati/2013/03/20130318_Maro_comunicato_governo.htm. Non c’è dubbio, in ogni caso, che, tra l’altro, il Governo ha esposto l’Italia a una brutta figura sul piano internazionale, mettendo a rischio imprese e cittadini che lavorano e vivono in India.
Dall’altro lato, la decisione indiana di impedire all’ambasciatore italiano di allontanarsi dal territorio (si veda l’ordinanza, così come il provvedimento che aveva disposto la licenza, nel blog http://onelawstreet.com/blog/), vietando l’espatrio, in palese violazione del diritto consuetudinario e della Convenzione di Vienna del 1961 sulle relazioni diplomatiche, ratificata da entrambi gli Stati. Nessun dubbio, infatti che, l’ambasciatore gode dell’immunità (che non viene meno neanche in caso di commissione di un reato) e dell’inviolabilità personale. Non solo. Non è sostenibile, come sembra fare la Corte suprema, affermare che l’ambasciatore ha rinunciato all’immunità violando l’accordo concluso con l’India per la riconsegna dei due militari al termine del congedo elettorale perché l’immunità diplomatica può essere oggetto di rinuncia solo da parte dello Stato accreditante. La regola insomma esiste e va rispettata. Basti pensare al Regno Unito: di fronte alla decisione dell’Ecuador di concedere ad Assange l’asilo non ha certo violato l’ambasciata dell’Ecuador a Londra proprio nel rispetto del diritto internazionale che assicura immunità e inviolabilità della stesse sede diplomatica.
Sorprende il silenzio dei Governi di altri Stati che evidentemente badano più a tener buona l’India che al rispetto di una regola la cui violazione costituisce un pericoloso precedente. A ciò si aggiunga, però, che crea imbarazzo la posizione del Governo italiano di non rispettare l’impegno preso. Anche questo un pericoloso precedente. Non stupisce, invece, l’assenza di posizione dell’Unione europea, ancora una volta silente o quasi in una crisi che coinvolge un suo Paese membro dimenticando, tra l’altro, che il cittadino di uno Stato membro ha diritto di essere tutelato dalle autorità diplomatiche e consolari di qualsiasi Stato membro se il proprio Stato non è rappresentato in un Paese terzo (art.20 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea). Ma evidentemente questo all’Alto rappresentante per la politica estera Catherine Ashton importa poco.
Si veda il post del 12 marzo 2013 http://www.marinacastellaneta.it/blog/il-ministro-degli-esteri-cambia-rotta-sulla-vicenda-dei-maro.html .
Sulle possibili strade per la soluzione della controversia si rinvia all’articolo controversia India. Qui la sentenza di gennaio 2013 della Corte suprema indiana http://judis.nic.in/supremecourt/imgst.aspx?filename=39941
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