Mentre l’Unione europea si avvia a riformare il sistema di asilo, incasellando intanto un errore dopo l’altro nell’affrontare la crisi umanitaria dei migranti, concludendo una sorta di patto con il diavolo con la Turchia di Erdogan (http://www.affarinternazionali.it/articolo.asp?ID=3409), l’Agenzia europea per i diritti fondamentali ha adottato il parere n. 1/2016 sull’adozione di un elenco comune sui Paesi di origine da considerare sicuri (fra-2016-opinion-safe-country-of-origin-01-2016_en). La richiesta di parere è arrivata dal Parlamento europeo in vista dell’adozione della proposta della Commissione sull’adozione di un regolamento su un elenco comune in tutta l’Unione europea (COM(2015)452). L’Agenzia riconosce che una classificazione comune di Paesi di origine sicuri può servire a rendere più rapide le decisioni sulle procedure di asilo, ma mette in guardia sul rispetto degli obblighi che incombono su tutte le autorità nazionali tenute ad assicurare un accertamento sulla situazione individuale dei richiedenti asilo.
Il diritto di asilo, infatti, non rientra tra quelli negoziabili e, quindi, l’elenco, non può essere l’unico strumento disponibile per accelerare le domande di asilo. In particolare, l’Agenzia Ue chiede il rispetto di alcuni diritti inviolabili: la garanzia nell’attuazione del principio di non refoulement, la protezione dalle espulsioni collettive, la piena applicazione del diritto al ricorso giurisdizionale, la tutela dei minori non accompagnati e il diritto a non essere discriminati.
Il 6 aprile, intanto, la Commissione europea ha presentato una proposta di regolamento per riformare il sistema europeo comune di asilo (reform), con modifiche in cinque aree prioritarie: al regolamento di Dublino con un nuovo sistema di ripartizione; ulteriore armonizzazione delle procedure di asilo per garantire un trattamento più umano in tutta l’Unione ed evitare fenomeni di asylum shopping, modifiche al mandato dell’ufficio europeo di sostegno per l’asilo, rafforzamento del sistema Eurodac.
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