Il no del Presidente brasiliano Lula da Silva all’estradizione in Italia di Cesare Battisti, condannato a 4 ergastoli per 4 omicidi, non è solo uno schiaffo all’Italia e ai parenti delle vittime del terrorismo, ma è un cumulo di gravi violazioni del diritto internazionale. Battisti, fuggito in Brasile nel 2007, subito dopo la decisione delle autorità francesi di consegnarlo all’Italia, era stato condannato in contumacia, perché era evaso dal carcere di Frosinone, per aver ucciso, tra gli altri, il gioielliere Torreggiani, ferito gravemente il figlio quindicenne del gioielliere (costretto, da allora a una vita sulla sedia a rotelle), il titolare di una macelleria di Mestre Lino Sabbadin, l’agente di custodia Antonio Santoro e l’agente di polizia Andrea Campagna (il più giovane, di soli 25 anni). Quattro vite spazzate vie con crudeltà.
Con la sua decisione, il Presidente Lula che, almeno qui in Italia, sarà ricordato per aver negato giustizia ai parenti delle vittime e a tutti gli italiani, ha fatto carta straccia del trattato di estradizione stipulato tra Italia e Brasile il 17 ottobre 1989, in vigore dal 1° agosto 1993 (ratificato dall’Italia con legge 23 aprile 1991 n. 144, http://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_1_3.wp?detail=y&tabait=y&tab=a&ait=AIT32555&aia=AIA78755). La Convenzione prevede che l’estradizione possa essere rifiutata, in base all’articolo 3, solo in casi eccezionali e solo se il reato per il quale è richiesta è considerato reato politico o se c’è il rischio di persecuzioni o di atti discriminatori per motivi di razza, di religione, di sesso, di nazionalità, di lingua, di opinioni politiche o di condizioni personali o sociali nel Paese richiedente. E’ evidente che l’omicidio di comuni cittadini, durante comuni rapine, non ha nulla di politico. Ancora meno plausibile il fondamento del no all’estradizione sulla base del rischio di persecuzioni. Basti considerare che, in Italia, ex terroristi hanno avuto libero accesso al Parlamento, sono stati eletti alla Camera e nessuno ha mai lamentato persecuzioni. E forse un appunto, proprio dal Brasile, è quantomeno inopportuno anche alla luce del rapporto del relatore speciale delle Nazioni Unite sulle esecuzioni sommarie, arbitrarie ed extragiudiziali Philip Alston del 28 maggio 2010 (brasile) nel quale si denuncia la presenza di squadroni della morte in Brasile, le numerosi morti in carcere e l’impunità diffusa che imperversa soprattutto nelle favelas.
Sul caso Battisti, a conferma del corretto operato delle autorità italiane nella decisione di condanna al militante dei Pac, è intervenuta anche la Corte europea dei diritti dell’uomo che, con decisione del 12 dicembre 2006 (Battisti contro Francia, http://cmiskp.echr.coe.int/tkp197/view.asp?item=1&portal=hbkm&action=html&highlight=Battisti&sessionid=64148522&skin=hudoc-en), ha dichiarato manifestamente infondato il ricorso presentato da Battisti contro la concessione all’estradizione decisa, dopo molti anni, dalla Francia. In quell’occasione, la Corte di Strasburgo ha evidenziato che Battisti era stato condannato in contumacia, ma era sempre stato a conoscenza dello svolgimento dei procedimenti a suo carico in Italia tant’è che aveva nominato i propri avvocati e che aveva rinunciato volontariamente a partecipare ai procedimenti a proprio carico, scappando.
Non solo. La stessa Corte suprema brasiliana, con sentenza del 18 novembre 2009, aveva votato a favore dell’estradizione di Battisti, non condividendo la scelta del ministro della giustizia di concedere lo status di rifugiato a seguito dell’istanza di Battisti che le ha provate proprio tutte, incluse altolocate amicizie politiche, per non scontare la pena e continuare la fuga dalle proprie responsabilità.
Ora, dopo la decisione del Brasile di concedere asilo a Battisti, con buona pace di coloro che sono realmente vittime di violenze e persecuzioni, la parola passa all’Italia che, oltre ad avviare contromisure contro il Brasile, anche di carattere economico e ritorsioni di carattere diplomatico, potrebbe agire dinanzi alla Corte internazionale di giustizia. Il Brasile, infatti, ha violato il Trattato di estradizione e quindi ha commesso un illecito internazionale trasgredendo la regola pacta sunt servanda. Inutili, invece, altri ricorsi in terra brasiliana che farebbero solo allungare i tempi e segnerebbero comunque una sorte di riconoscimento e di fiducia in un sistema, quello brasiliano che, almeno in quest’occasione, mostra di non rispettare le autorità italiane rifiutandosi di estradare un pluriomicida comune in un Paese che, per di più, è parte alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e al Trattato Ue che ha introdotto il sistema del mandato di arresto europeo.
Sarebbe, poi, opportuno e necessario sentire una parola dagli altri Stati Ue e dalla stessa Unione europea. Ma per ora silenzio. Forse anche per l’affronto aggiuntivo di Lula che ha pensato bene di prendere la sua decisione, dopo una lunga attesa, l’ultimo giorno dell’anno, con un atto in extremis che, quindi, deve aver considerato indispensabile, prima di lasciare il suo mandato. Nuovo presidente sarà Dilma Rousseff.
Rossana Vergine
febbraio 9, 2011A mio avviso si renderebbe assolutamente necessaria una presa di posizione dell’U.E. considerato che si sta in ogni caso parlando dell’uccisione di cittadini italiani, ma anche e sopratutto europei. Poi non ha senso dare una motivazione quasi ridicola al rifiuto, basato sulla possibilità che in Italia il sig. Battisti possa essere “torturato” nelle patrie galere, dato che forse è la sola evenienza che nel nostro Paese sarebbe da escludere a priori.