Obbligatoria la cittadinanza italiana per il presidente dell’autorità portuale. Lo dice il TAR

Per i giudici amministrativi il presidente di un’autorità portuale deve essere cittadino italiano in ragione dei compiti pubblicistici attribuiti a quest’ente. E’ la conclusione raggiunta dal Tribunale amministrativo regionale per la Puglia di Lecce, prima sezione, con la sentenza depositata il 26 giugno (tar lecce). Per il Tar, che ha annullato la nomina disposta con decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti di un cittadino greco a Presidente dell’autorità portuale di Brindisi, l’articolo 48 (si tratta, in realtà, dell’articolo 45, n. 4 del Trattato di Lisbona, ma il Tar si riferisce ancora alla vecchia numerazione) stabilisce che la disciplina sulla libera circolazione dei lavoratori non si applica agli impieghi della pubblica amministrazione e, quindi, le norme del Trattato non impediscono al legislatore di imporre la cittadinanza italiana per coloro che sono designati a queste attività. Una questione che è stata liquidata con molta velocità malgrado la Corte di giustizia Ue abbia a più riprese chiarito la portata eccezionale di questa deroga e precisato che rientrano nell’eccezione solo gli impieghi che implicano una partecipazione diretta o indiretta all’esercizio di pubblici poteri o nei casi in cui vi siano da salvaguardare interessi generali dello Stato. Preclusa, quindi, un’esclusione generale, con la conseguenza che è sempre necessaria un’analisi caso per caso al fine di accertare l’esistenza di un effettivo esercizio dei pubblici poteri. Il Tar, invece, non ha avuto dubbi sull’applicazione della deroga, non predisponendo neanche un rinvio pregiudiziale a Lussemburgo.

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