Va in soffitta, nel calcolo delle sanzioni pecuniarie imposte agli Stati a seguito di procedure d’infrazione e di successiva non esecuzione di sentenze di “condanna”, il criterio del peso istituzionale di uno Stato membro rappresentato dal numero di seggi assegnati ai Paesi, ed entra in scena il parametro basato sul prodotto interno lordo in rapporto alla popolazione. La Commissione europea, infatti, ha proceduto a un aggiornamento dei metodi di calcolo per stabilire le sanzioni pecuniarie, sia nella forma delle somme forfettarie sia nelle penalità, applicabili in base all’articolo 260 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea nei casi in cui uno Stato membro non adotti le misure necessarie ad eseguire una sentenza della Corte o non comunichi le misure di attuazione a Bruxelles. Con la comunicazione del 22 dicembre 2022 (C(2022)993, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea C 2 del 4 gennaio 2023, Sanzioni pecuniarie), la Commissione ha tenuto conto della giurisprudenza della Corte Ue (in particolare della sentenza del 20 gennaio 2022, Commissione contro Grecia, C-51/20) e ha eliminato il riferimento al peso istituzionale dello Stato membro interessato nel calcolo delle sanzioni proposte alla Corte alla quale spetta poi la decisione definitiva sull’entità della sanzione. Restano fermi i parametri fondamentali quali la gravità dell’infrazione, la durata e la necessità di garantire un effetto dissuasivo alle sanzioni in relazione alla capacità finanziaria di uno Stato membro perché – osserva la Commissione – una sanzione solo simbolica priverebbe di effetti l’articolo 260 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea. Per quanto riguarda la penalità che gli Stati membri sono tenuti a pagare per ogni giorno di ritardo dalla sentenza della Corte con la quale è accertata l’infrazione, il calcolo avviene moltiplicando un importo forfettario per un coefficiente di gravità e di durata; poi il risultato è moltiplicato per un fattore fisso specificato per ogni Stato membro (“fattore n”, con funzione dissuasiva) che riflette – spiega la Commissione – la capacità finanziaria dello Stato membro interessato. I coefficienti moltiplicatori si applicano poi all’importo forfettario fisso. Nella comunicazione è specificato che per l’Italia il fattore “n”, determinato tenendo conto del prodotto interno lordo e della popolazione nel 2020 passa da 2,91 a 3,41 (la Germania ha un fattore di 6,16 e la Francia di 4,45). Per quanto riguarda la somma forfettaria di riferimento è di 2.800.000 euro sulla quale sono poi calcolate quelle minime riferite a ciascun Paese. Anche in questo caso ci sarà un innalzamento delle sanzioni: se, infatti, nel 2021, per l’Italia la somma forfettaria minima era di 7.596.000 euro, con la nuova tabella la quota passa a 9.548.000 euro. L’importo forfettario di base uniforme per il calcolo della penalità, è precisato nell’allegato I, è di 3.000 euro (in lieve diminuzione rispetto al passato) e quello per l’importo giornaliero, determinante per quantificare la somma forfettaria, è di 1.000 euro.
I nuovi criteri saranno applicati a tutti i ricorsi avviati dalla Commissione nei confronti di uno Stato membro in base all’articolo 260 del Trattato dopo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale Ue.
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