Il giudice nazionale deve verificare d’ufficio se il contraente, che ha subito il danno e che rivendica la responsabilità del venditore, è un consumatore e applicare, quindi, la direttiva 1999/44 sulla vendita e le garanzie dei beni di consumo (recepita in Italia con Dlgs 2002/24). Con una presunzione di responsabilità sul venditore se i difetti del prodotto si manifestano entro sei mesi dalla consegna, senza che il consumatore sia obbligato a indicare la causa. E’ la Corte di giustizia dell’Unione europea a intervenire, con la sentenza del 4 giugno (C-497/13, Faber), per stabilire gli obblighi dei giudici nazionali, tenuti a interpretare il diritto interno in modo conforme alla direttiva Ue, che pure non ha effetti diretti, assicurando il rispetto del principio di effettività. A vantaggio dei consumatori che non hanno l’onere di provare la causa del difetto di un prodotto se si manifesta entro sei mesi e se la contestazione avviene entro due mesi. In questa ipotesi, infatti, si presume che i difetti di conformità già esistessero.
E’ stata la Corte di appello di Arnhem (Paesi Bassi) a chiamare in aiuto Lussemburgo. Una donna aveva acquistato un’automobile usata da un’autorimessa che, però, aveva preso fuoco. L’autoveicolo era stato demolito e la donna aveva chiesto al venditore la restituzione del valore del mezzo. In primo grado la donna aveva avuto torto. I giudici nazionali non avevano applicato la direttiva perché la stessa ricorrente non l’aveva richiamata non chiarendo se, nell’acquisto, avesse agito come consumatore o nell’esercizio della sua attività professionale. I giudici di appello si sono rivolti a Lussemburgo. Prima di tutto, la Corte Ue ha precisato che i giudici nazionali hanno l’obbligo di verificare d’ufficio se pende una questione relativa al diritto dell’Unione. Questo vuol dire che i giudici interni sono tenuti ad accertare se l’acquisto è stato effettuato dal contraente come consumatore, anche se la questione non è sollevata nel procedimento nazionale, interpretando così il diritto interno, che ha recepito la direttiva, in modo conforme al diritto dell’Unione. La Corte ha anche chiarito la natura di norma di ordine pubblico dell’articolo 5, paragrafo 3 della direttiva che prevede l’inversione dell’onere della prova a vantaggio del consumatore se il difetto di un prodotto si manifesta entro 6 mesi dall’acquisto e se la denuncia di non conformità avviene entro due mesi dal manifestarsi dell’evento. Senza oneri eccessivi sull’acquirente che già subisce un danno a pochi mesi dall’acquisto. In questo caso, il consumatore non è tenuto a dimostrare la causa del difetto né a provare che l’origine è imputabile al venditore. Che, però, può ribaltare la presunzione a suo danno e provare, con elementi giuridicamente sufficienti, che la causa è sopravvenuta alla consegna del bene.
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